Cassazione: credito dell'avvocato ammesso al passivo con privilegio
- Ammissione al passivo con privilegio del credito dell'avvocato
- Escluso dal privilegio di cui all'art. 2751-bis n. 2 c.c.
- L'attività professionale va provata per essere ammessa al passivo
Ammissione al passivo con privilegio del credito dell'avvocato
Due gli aspetti che l'avvocato deve considerare quando chiede che venga ammesso al passivo (con privilegio generale) della società fallita per cui ha svolto la propria attività il relativo compenso:
- prima di tutto che il privilegio generale di cui all'art. 2751 bis n. 2) c.c. è previsto solo in relazione ai crediti indicati nella norma e riferiti agli ultimi due anni di prestazione;
- in secondo luogo che è suo onere dimostrare l'attività svolta per il cliente producendo le copie conformi agli originali degli atti e dei verbali di causa.
Di sicuro interesse per la categoria i suddetti chiarimenti contenuti nell'ordinanza n. 33801/2022 (sotto allegata) della Cassazione.
Escluso dal privilegio di cui all'art. 2751 bis n. 2 c.c.
Un avvocato viene ammesso al passivo del fallimento di una società per la quale ha svolto attività professionale. Viene però escluso dal privilegio generale contemplato dall'art. 2751 bis n. 2 c.c. e dal passivo per un compenso relativo a un giudizio svoltosi al Tribunale di Lamezia Terme.
L'avvocato si oppone a questa decisione ai sensi dell'art. 98 l.f e il Tribunale accoglie e riforma in parte la decisone precedente, ammettendo al passivo anche i crediti collocati in chirografario e non assistiti da privilegio.
Il compenso per l'attività svoltasi al Tribunale di Lamezia non viene ammesso perché manca la documentazione in grado di dimostrare l'attività e non si può riconoscere il privilegio di cui all'art. 2751 bis n. 2 perché il rapporto tra l'avvocato e la società, quando è stato dichiarato il fallimento, era ancora in corso.
L'art. 2751 bis n. 2 c.c. prevede infatti il privilegio solo in relazione alle "retribuzioni dei professionisti, compresi il contributo integrativo da versare alla rispettiva cassa di previdenza ed assistenza e il credito di rivalsa per l'imposta sul valore aggiunto, e di ogni altro prestatore d'opera dovute per gli ultimi due anni di prestazione."
L'attività professionale va provata per essere ammessa al passivo
La vicenda, giunta in Cassazione, si conclude negativamente per l'avvocato ricorrente perché il primo motivo, con cui contesta il mancato riconoscimento del privilegio generale di cui all'art. 27751 bis n. 2 c.c viene dichiarato inammissibile alla luce della giurisprudenza costante per la quale "il limite temporale degli "ultimi due anni di prestazione", indicato dall'art. 2751-bis, n. 2), cod. civ., va riferito all'intero rapporto professionale, restando fuori dal privilegio i corrispettivi degli incarichi conclusi in data anteriore al biennio precedente la cessazione del complessivo rapporto."
Per quanto riguarda invece il secondo motivo, con cui contesta le richieste probatorie in relazione all'attività svolta per la società fallita, la Cassazione dichiara la censura in parte inammissibile perché astratta e non autosufficiente e in parte manifestamente infondata perché, stante la necessità di procedere, in assenza di pattuizione tra società e avvocato, alla liquidazione giudiziale del compenso richiesto la Cassazione sottolinea comunque la necessità di accertare quale attività l'avvocato abbia effettivamente svolto nel processo in favore del cliente poi fallito, che non si può desumere dagli atti del processo. Spetta a lui depositare le copie degli atti e dei verbali con tanto di attestazioni di conformità del cancelliere agli originali contenuti nel fascicolo d'ufficio.
Data: 06/12/2022 15:00:00Autore: Annamaria Villafrate