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Avvocati: il richiamo verbale è impugnabile

Il CNF chiarisce che sebbene non sia una sanzione disciplinare il richiamo verbale può essere impugnato da parte dei soggetti legittimati


Impugnazione del richiamo verbale

Il richiamo verbale, "sebbene non abbia carattere di sanzione disciplinare (art. 22 cdf), presuppone comunque l'accertamento di un illecito deontologico (anche se lieve e scusabile) e costituisce pur sempre un provvedimento afflittivo, sicché se ne deve ammettere l'impugnabilità dinanzi al Consiglio Nazionale Forense da parte dei soggetti legittimati, se pronunciato all'esito della fase decisoria. Per le stesse ragioni, anche se pronunciato nella fase istruttoria preliminare, il provvedimento in parola è impugnabile dinanzi al Consiglio Nazionale Forense da parte del P.M. e del Consiglio dell'ordine presso cui l'avvocato è iscritto, mentre quest'ultimo può invece proporre, in tal caso, eventuale opposizione avanti al CDD medesimo ex art. 14, comma 4-bis, Reg. CNF n. 2/2014". Così il CNF con la sentenza n. 202/2022 (depositata il 13 marzo 2023 e sotto allegata) accogliendo il ricorso di un'avvocatessa nei cui confronti veniva aperto procedimento disciplinare per mancato assolvimento dell'obbligo formativo all'esito del quale veniva emanato richiamo verbale.

La donna produceva esonero totale dall'obbligo formativo e precisava di non aver avuto tempo per partecipare agli eventi anche per via delle precarie condizioni di salute durante la gravidanza e del figlio successivamente alla nascita, oltre ad una serie di questioni personali e produceva esonero totale dall'obbligo formativo, chiedendo il recupero dei crediti ed eccependo mancanza della volontarietà della condotta e mancata valutazione dell'esonero concesso dal COA di Torino, causa impossibilità di adempimento dell'obbligo formativo.
Il CNF le dà ragione.
In via preliminare, il Consiglio si sofferma sull'impugnabilità del richiamo verbale, che, presupponendo comunque l'accertamento di un illecito deontologico, sebbene "lieve e scusabile", deve essere consentita.
Inoltre, ritiene i motivi di ricorso fondati.
Il CDD infatti non ha opportunamente valutato in aderenza alle giustificazioni fornite dall'iscritta, le ragioni che hanno consentito, peraltro, di riconoscere l'esonero totale dall'obbligo formativo. Non v'è dubbio, quindi, che "da un lato che le particolari condizioni familiari della ricorrente, che le hanno consentito di ottenere un successivo esonero dall'obbligo formativo, possono assumere rilievo sotto il profilo di 'stato di necessità', alla quale la giurisprudenza riconosce efficace scriminante del dovere di formazione, pur in assenza di una preventiva richiesta o concessione di esonero e dall'altro che il principio di presunzione di non colpevolezza vale anche in sede disciplinare".
Inoltre, precisa il CNF, "il procedimento disciplinare è di natura accusatoria, sicché deve essere accolto il ricorso avverso la decisione del Consiglio territoriale allorquando la prova della violazione deontologica non si possa ritenere sufficientemente raggiunta per mancanza di prove certe o per contraddittorietà delle stesse, giacché l'insufficienza di prove su un fatto induce a ritenere fondato un ragionevole dubbio sulla sussistenza della responsabilità dell'incolpato, che deve essere prosciolto dall'addebito, in quanto per l'irrogazione della sanzione disciplinare non incombe all'incolpato l'onere di dimostrare la propria innocenza né di contestare espressamente le contestazioni rivoltegli, ma al Consiglio territoriale verificare in modo approfondito la sussistenza e l'addebitabilità dell'illecito deontologico, così come al fine di integrare l'illecito disciplinare sotto il profilo soggettivo ai fini dell'imputabilità dell'infrazione disciplinare, è necessaria la consapevolezza dell'illegittimità dell'azione accompagnata dalla volontarietà con la quale l'atto deontologicamente scorretto è commesso".

Nel caso di specie risulta che nonostante il CDD di Torino abbia riconosciuto l'esistenza di evidenti ragioni della condizione familiare, lo stesso non abbia applicato la relativa scriminante proprio in riguardo allo stato di necessità, il quale esclude rilevanza disciplinare alla violazione dell'obbligo di formazione continua, di cui peraltro costituisce scriminante pur in mancanza di una previa richiesta o concessione di esonero ex art. 15 Reg. CNF n. 6/2014 (ex multis CNF n. 117/2016).
Se poi a ciò si aggiunge che, nella vicenda, non v'è prova dell'avvenuta consegna della raccomandata del COA di Torino, che richiedeva alla ricorrente di effettuare n.10 crediti formativi, "risulta evidente come non risulti provata la consapevolezza nella ricorrente di porre in essere un atto deontologicamente scorretto".
Da qui l'accoglimento del ricorso.
Data: 25/03/2023 06:00:00
Autore: Redazione