Niente mantenimento al figlio che lavora in un call center
Mantenimento figlio maggiorenne
Va escluso il mantenimento del figlio maggiorenne che lavora in un call center perchè ormai inserito nel mondo del lavoro, con una capacità lavorativa che lo rende economicamente indipendente. Lo ha statuito il tribunale di Cosenza con sentenza del 2.1.2023 (sotto allegata) conformandosi ai principi espressi in materia dalla Cassazione.Nel caso di specie, il figlio, ormai trentenne, lavora da più anni in un call center con contratti rinnovati di periodo in periodo, per uno stipendio di 450 euro mensili e coabita con la fidanzata in un appartamento in città diversa dalla madre, dove ritorna solo nel fine settimana.
Per tali motivi, ritiene il tribunale, che il figlio "si sia ormai inserito nel mondo del lavoro ed abbia una capacità lavorativa che lo rende economicamente indipendente. Il mantenimento da parte dei genitori del figlio maggiorenne, che sia stato sostenuto nel percorso di studi e nella ricerca di lavoro, non può essere protratto sine die, ma serve a garantire il soddisfacimento dei bisogni primari sino a che il figlio non riesca ad inserirsi nel mondo del lavoro. Una volta che la prole abbia tutti gli strumenti necessari per svolgere una attività remunerativa ed abbia trovato un primo impiego, magari non del tutto soddisfacente o corrispondente alle proprie aspirazioni, non si può ritenere sussistente il diritto all'assegno di mantenimento. Naturalmente, si deve valutare caso per caso il tipo di impiego reperito, la stabilità dello stesso, la remunerazione prevista, tenendo però conto delle condizioni economiche della famiglia e dell'età del figlio: "In materia di mantenimento del figlio maggiorenne e non autosufficiente, i presupposti su cui si fonda l'esclusione del relativo diritto, oggetto di accertamento da parte del giudice del merito e della cui prova è gravato il genitore che si oppone alla domanda, sono integrati: dall'età del figlio, destinata a rilevare in un rapporto di proporzionalità inversa per il quale, all'età progressivamente più elevata dell'avente diritto si accompagna, tendenzialmente e nel concorso degli altri presupposti, il venir meno del diritto al conseguimento del mantenimento; dall'effettivo raggiungimento di un livello di competenza professionale e tecnica del figlio e dal suo impegno rivolto al reperimento di una occupazione nel mercato del lavoro" (cfr. Cass. n. 38366/2021).
In quest'ottica, "lo svolgimento di un'attività retribuita, ancorché prestata in esecuzione di contratto di lavoro a tempo determinato, può costituire un elemento rappresentativo della capacità del figlio di procurarsi un'adeguata fonte di reddito, e quindi della raggiunta autosufficienza economica, che esclude la reviviscenza dell'obbligo di mantenimento da parte del genitore a seguito della cessazione del rapporto di lavoro".
Nella fattispecie, sebbene il rapporto di lavoro del figlio sia a tempo determinato, lo stesso viene rinnovato da anni, e la ridotta remunerazione è comunque coerente con il basso reddito familiare. A tali elementi si deve aggiungere l'età del ragazzo e la sua situazione di convivenza.
In casi simili, la stessa giurisprudenza di legittimità ha affermato che "il figlio di genitori divorziati, che abbia ampiamente superato la maggiore età, e non abbia reperito, pur spendendo il conseguito titolo professionale sul mercato del lavoro, una occupazione lavorativa stabile o che, comunque, lo remuneri in misura tale da renderlo economicamente autosufficiente, non può soddisfare l'esigenza ad una vita dignitosa, alla cui realizzazione ogni giovane adulto deve aspirare, mediante l'attuazione dell'obbligo di mantenimento del genitore, bensì attraverso i diversi strumenti di ausilio, ormai di dimensione sociale, che sono finalizzati ad assicurare sostegno al reddito, ferma restando l'obbligazione alimentare da azionarsi nell'ambito familiare per supplire ad ogni più essenziale esigenza di vita dell'individuo bisognoso" (cfr. Cass. n. 29264/2022).
Confermato infine l'assegno di mantenimento in favore della donna, in Euro 300 mensili, da rivalutare annualmente in base agli indici Istat.
Autore: Redazione