Cassazione: l'ira non rende incapaci di intendere e volere
La Suprema Corte ribadisce che la capacità di intendere e di volere non può essere esclusa dallo stato d'ira, che non integra un'infermità psichica ma uno stato emotivo
Ira e capacità di intendere e volere
Non può essere esclusa la capacità di intendere e di volere dallo stato d'ira. Lo ha affermato la seconda sezione penale della Cassazione nella sentenza n. 15678/2023 (sotto allegata).
Nella vicenda, la Corte d'appello di Ancona confermava la responsabilità di per il reato di danneggiamento su cosa esposta pubblica fede, nei confronti dell'imputato. Lo stesso adiva il Palazzaccio lamentando violazione di legge vizio di motivazione, giacché la Corte avrebbe dovuto assolverlo "per mancanza dell'elemento soggettivo in ragione della sua non imputabilità poiché - come emerso dall'istruttoria - non era persona autonoma ed era sottoposto ad amministrazione di sostegno". Inoltre, la condotta era stata realizzata in preda ad "uno stato d'ira e di nervosismo dell'imputato".
Per gli Ermellini il ricorso è inammissibile perché generico in quanto si limita a reiterare pedissequamente le censure già formulate con l'atto di gravame che hanno trovato adeguata e esaustiva risposta nella sentenza impugnata.
L'allegazione della difesa, sia nell'atto di appello sia nel ricorso in esame, continuano i giudici, "è stata estremamente generica, in contrasto con un altro principio, anch'esso consolidato nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui la capacità d'intendere e di volere, per i soggetti che abbiano raggiunto la maggiore età, è in via di principio oggetto di una vera e propria presunzione, sia pure iuris tantum".
E' noto, affermano quindi dalla S.C., "che lo stato d'ira non incide sulla imputabilità poiché non integra un'infermità psichica ma uno stato emotivo; né la sottoposizione dell'imputato all'amministrazione di sostegno costituisce elemento sufficiente e idoneo a palesare la sua incapacità anche solo parziale di comprendere il disvalore delle proprie condotte e di contenere la propria aggressività".
Per cui la sentenza impugnata è corretta e il ricorso è inammissibile.
Data: 23/04/2023 08:00:00Autore: Redazione