Reato di tortura per i maltrattamenti al disabile
Per la Cassazione scatta il reato di tortura per il trattamento disumano riservato al disabile tenuto in catena e bastonato
Reato di tortura
Reato di tortura per la coppia che maltratta il soggetto disabile, tenendolo alla catena, bastonandolo e costringendolo persino ad abbaiare. Così la quinta sezione penale della Cassazione nella sentenza n. 18075/2023 (sotto allegata) ritenendo inammissibili i ricorsi dei due condannati per i reati di cui agli artt. 613-bis; 605; 582-585 c.p. per le scellerate azioni commesse ai danni di un soggetto disabile affetto da "disturbo organico di personalità geneticamente determinato con grave disturbo del comportamento (disturbo bipolare misto)".
Per la coppia, la sentenza d'appello aveva errato a non riconoscere la circostanza attenuante del risarcimento del danno, avendo gli stessi offerto 3.500 euro!
Per gli Ermellini, la censura non si misura con la ratio decidendi del giudice d'appello che fa leva sulla inadeguatezza della somma offerta rispetto alla notevole entità del danno patito dalla persona offesa: "bloccata per un lungo arco temporale e immobilizzata con un trattamento disumano, messa al guinzaglio di ferro e collegata a una catena, legata ai polsi e fatta inginocchiare, trascinata in tal modo, costretta ad abbaiare e muoversi come un cane, portata così alla massima sofferenza fisica e psicologica, picchiata selvaggiamente anche con l'utilizzo di oggetti contundenti, quali sono certamente un bastone e bottiglie di vetro infrante direttamente sul corpo, con importanti esiti evocati nella sentenza di primo grado (escoriazioni ed ecchimosi su cosce, collo, viso, braccia, si vedano le fotografie in atti) e minacciata di morte subito dopo il pestaggio con frasi terribili". Persona offesa, peraltro, ricordano dalla S.C., affetta da gravi disturbi di personalità e del comportamento.
Il pregiudizio, pertanto, "non può essere riparato con l'offerta della somma di soli 3.500 euro".
Manifestamente infondata anche la censura che contesta la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, perché, "secondo l'indirizzo consolidato della giurisprudenza, nel motivare il diniego del beneficio richiesto, è sufficiente un congruo riferimento, da parte del giudice di merito, agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti", come avvenuto nella specie in cui il giudice ha ritenuto senz'altro "ostativa la straordinaria gravità delle azioni".
Per cui ricorsi inammissibili e ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali e di 3mila euro in favore della Cassa delle ammende.
Data: 13/05/2023 07:00:00Autore: Redazione