Messa alla prova: è volta alla risocializzazione del soggetto
L'istituto della messa alla prova, ricordano infatti i giudici della S.C., "e? volto ad assicurare la risocializzazione del reo attraverso un percorso che deve tener conto della natura del reato, della personalita? del soggetto e delle prescrizioni imposte, cosi? da consentire la formulazione di un favorevole giudizio prognostico. In particolare, l'art. 464, quater, comma 3, cod. proc. pen. prevede espressamente che il Giudice in base ai parametri di cui all'art. 133 cod. pen. deve giudicare idoneo il programma di trattamento e congiuntamente deve ritenere che l'imputato si asterra? dal commettere ulteriori reati".
Cio? in effetti si correla alla peculiare natura dell'istituto, "da un lato connotato dal fatto che l'imputato rinuncia al processo ordinario trovando il vantaggio di un trattamento sanzionatorio non detentivo e dall'altro dal perseguimento di scopi specialpreventivi in una fase anticipata, in cui viene 'infranta' la sequenza cognizione-esecuzione della pena, in funzione del raggiungimento della risocializzazione del soggetto". In tale prospettiva deve dunque segnalarsi che (come rilevato nella sentenza n. 91 del 2018 della Corte costituzionale) «il trattamento per sua natura e? caratterizzato dalla finalita? specialpreventiva e risocializzante che deve perseguire e deve percio? essere ampiamente modulabile, tenendo conto della personalita? dell'imputato e dei reati oggetto dell'imputazione».
Nella fattispecie, tuttavia, il G.u.p. ha proprio immutato il fatto "condotta-evento" descritto in imputazione, escludendo, al fine di rientrare nel perimetro legale che consente l'accesso all'istituto alternativo al giudizio, sia la finalita? di profitto della condotta violenta, che il profitto stesso, realmente talvolta conseguito; salvo riconoscere che, in effetti, il profitto talvolta conseguito era di modestissima entita? (cosi? rendendo manifesto il vizio di motivazione, per intima contraddizione, emergente dal testo del provvedimento, art. 606, comma 1, lett. e, cod. proc. pen.).
Per cui, la manifesta illegittimità dell'ordinanza impugnata ne impone l'annullamento senza rinvio.
Autore: Redazione