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Carta docenti: spetta anche agli insegnanti non di ruolo

La Cassazione afferma che gli insegnanti con incarichi annuali svolgono prestazioni lavorative pienamente comparabili a quelle degli insegnanti di ruolo e devono consequenzialmente ricevere analogo trattamento


Carta docente alla supplente

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La vicenda prendeva avvio dalle doglianze manifestate da un insegnante supplente, che aveva ricevuto diversi incarichi annuali, per la mancata erogazione in suo favore della Carta Docente. In particolare, il docente evidenziava come, secondo la Corte di Giustizia (18 maggio 2022), la clausola 4 punto 1 dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla Direttiva 1999/70/CE era ostativa ad una normativa nazionale che riservasse al solo personale docente a tempo indeterminato il beneficio della Carta Docente.

Con sentenza n. 29961/2023 (sotto allegata), la Cassazione, interrogata in via pregiudiziale, dopo aver reso un'interpretazione approfondita del quadro normativo di riferimento, ha affermato quattro importanti principi di diritto cui dovrà attenersi il Giudice di merito.

Carta Docente: a chi spetta

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Si ricorda che la legge n. 107 del 2015 introduce l'istituto della Carta Docente, stabilendo all'art. 1, comma 121, che "al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali, è istituita (…) la Carta elettronica per l'aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado. La Carta, dell'importo nominale di euro 500 annui per ciascun anno scolastico, può essere utilizzata per l'acquisto di libri e di testi, anche in formato digitale, di pubblicazioni e di riviste comunque utili all'aggiornamento professionale, per l'acquisto di hardware e software, per l'iscrizione a corsi per attività di aggiornamento e di qualificazione delle competenze professionali (..)".

Sul punto, la Suprema Corte ha messo subito in rilievo come, da una parte la legge in questione fa esclusivo riferimento agli insegnanti di ruolo e, dall'altra parte, il beneficio de quo è legato al dato temporale dell'anno scolastico.

Proprio tale ultimo aspetto, ovvero il fatto che i 500 euro sono erogati per "ciascun anno scolastico", pone l'accento, secondo la Corte, sulla connessione tra il sostegno alla formazione e la didattica. In tale accezione, nonché al fine di evitare illegittime disparità di trattamento tra posizioni giuridiche analoghe, il Giudice di legittimità ha ritenuto che, avendo il legislatore fatto discendere il beneficio economico all'anno scolastico, non è possibile escludere da un'identica "percezione di esso quei docenti precari il cui lavoro, secondo l'ordinamento scolastico, abbia analoga taratura".

Il Giudice di legittimità afferma dunque che "l'obiettivo di politica scolastica ed educativa che calibra quello speciale beneficio sul piano della "didattica annua" non consente, per i docenti a tempo determinato che, essendo chiamati a lavorare sul medesimo piano didattico temporale e risultano quindi, da ogni punto di vista, comparabili, un diverso trattamento".

Per questi motivi, la Corte afferma che l'art. 1, comma 121, della legge 107/2015 dev'essere disapplicato poiché in contrasto clausola 4 punto 1 dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla Direttiva 1999/70/CE.

I quattro principi di diritto affermati dalla Corte

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La Corte, a valle dell'approfondito esame normativo svolto in ordine all'interrogativo pregiudiziale alla stessa posto e all'analisi di tutte le possibili implicazioni giuridiche ad esso correlato, ha enunciato i seguenti quattro principi di diritto:

Data: 08/11/2023 06:00:00
Autore: Silvia Pascucci