Unico incidente: due diverse verità processuali
Afferma, invero, il Giudice, nella sentenza in esame, che "le dichiarazioni confessorie non lasciano spazio a un libero apprezzamento del loro contenuto ad opera del Giudicante, atteso che le stesse, integrando gli estremi di una confessione giudiziale ex art. 2733 c.c., formano piena prova, nei confronti del confitente, circa fatti sfavorevoli da costui riferiti", rimanendo "preclusa" al Giudicante "ogni valutazione circa l'attendibilità e veridicità dei fatti riferiti dal dichiarante, non potendo il Tribunale che attenersi alle risultanze della prova assunta".
Nel giudizio promosso dal danneggiato nei confronti dell'assicuratore della responsabilità civile da circolazione stradale, pertanto, "la dichiarazione, avente valore confessorio, contenuta nel modulo di contestazione amichevole del sinistro, per essere opponibile all'assicuratore e generare la presunzione iuris tantum di cui all'art. 143 Cod Ass Priv, deve essere resa dal responsabile del danno che sia anche proprietario del veicolo assicurato e quindi litisconsorte necessario e non anche dal conducente del veicolo che non sia anche proprietario del mezzo, il quale è solo litisconsorte facoltativo".
La "confessione proveniente da un soggetto litisconsorte facoltativo", invece, "ha valore di piena prova nei confronti del medesimo confitente", ragion per cui il Giudice "può accogliere la domanda nei suoi confronti e rigettarla nei confronti dell'assicuratore della rca e del proprietario".
Autore: Sonia Coppola