Legge 104 e ICF
- La legge 104
- La Classificazione Internazionale delle menomazioni, disabilità e handicap
- Verso un linguaggio inclusivo: affermazione del termine disabilità e valorizzazione della dignità individuale
- Conclusioni
La legge 104
La legge 104, entrata in vigore il 18 febbraio 1992, "Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate", ha rappresentato una pietra miliare nella tutela dei soggetti con disabilità in Italia, grazie all'introduzione di misure per favorirne l'integrazione sociale, scolastica e lavorativa.
Con le parole della Corte costituzionale, la legge è stata una "Prima, significativa risposta al pressante invito (…) di garantire la condizione giuridica del portatore di handicap"[1], che, per tale motivo: "Persegue un evidente interesse nazionale, stringente ed infrazionabile, quale è quello di garantire in tutto il territorio nazionale un livello uniforme di realizzazione di diritti costituzionali fondamentali dei soggetti portatori di handicaps"[2]. Le finalità, sancite dall' art. 1, sono così espresse: "La Repubblica: a) garantisce il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia della persona handicappata e ne promuove la piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società; b) previene e rimuove le condizioni invalidanti che impediscono lo sviluppo della persona umana, il raggiungimento della massima autonomia possibile e la partecipazione della persona handicappata alla vita della collettività, nonché la realizzazione dei diritti civili, politici e patrimoniali; c) persegue il recupero funzionale e sociale della persona affetta da minorazioni fisiche, psichiche e sensoriali e assicura i servizi e le prestazioni per la prevenzione, la cura e la riabilitazione delle minorazioni, nonché la tutela giuridica ed economica della persona handicappata; d) predispone interventi volti a superare stati di emarginazione e di esclusione sociale della persona handicappata"[Allegato 1].
La legge è stata soggetta a modifiche nel corso degli anni, in particolare con il d.lgs. 96 del 2019 (Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66, recante: "Norme per la promozione dell'inclusione scolastica degli studenti con disabilità, a norma dell'articolo 1, commi 180 e 181, lettera c, della legge 13 luglio 2015, n. 107), che ha modificato l'art. 4 sulle procedure di certificazione (Accertamento dell'handicap), l'art. 12 sui documenti per l'inclusione (Diritto all'educazione e all'istruzione) e l'art. 15 sui gruppi per l'inclusione (Gruppi per l'inclusione scolastica)[Allegato 2].
La Classificazione Internazionale delle menomazioni, disabilità e handicap
L'International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps, ICIDH, è stata sviluppata negli anni '70, e pubblicata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1980, quale strumento per la classificazione delle conseguenze delle malattie e delle loro implicazioni sulla vita degli individui: la malattia vista come un'interferenza con la capacità dell'individuo di svolgere il proprio ruolo sociale abituale e le funzioni e gli obblighi da esso attesi.
Secondo l'OMS, la menomazione dovuta a malattia o infortunio è una qualsiasi perdita o anomalia di struttura o funzione psicologica, fisiologica o anatomica.
La disabilità che ne deriva è qualsiasi restrizione o mancanza di capacità di svolgere un'attività nel modo o nell'intervallo considerato normale per un essere umano.
L'handicap è uno svantaggio per un determinato individuo, derivante da una menomazione o da una disabilità, che limita o impedisce l'adempimento di un ruolo che è normale (a seconda dell'età, del sesso e dei fattori sociali e culturali) per quell'individuo. Un handicap può derivare da una menomazione senza la mediazione di uno stato di disabilità (ad esempio, una deturpazione). D'altra parte, una persona con una grave disabilità può vivere una vita abbastanza normale senza essere handicappata. Sostituito dalla Classificazione Internazionale del Funzionamento della Disabilità e della Salute (International Classification of Functioning, Disability, and Health, ICF), approvata per l'uso dall'Assemblea Mondiale della Sanità nel 2001, dopo un'ampia sperimentazione in tutto il mondo che ha coinvolto persone con disabilità e soggetti di diverse discipline, nel 2007 è stata pubblicata anche una classificazione per bambini e ragazzi (ICF-CY, version for Children e Youth).
Nonostante i tre concetti di menomazione, disabilità e soprattutto di handicap siano stati criticati, l'ICIDH ha dato origine a un'ampia ricerca e ad attività in tutto il mondo, con più di mille pubblicazioni, ed è stato un importante strumento per la comprensione e la classificazione dei su espressi concetti. Le principali obiezioni riguardavano: la rigida separazione dei concetti in categorie distinte, suddivisione criticata per essere troppo rigida e non tener conto delle interconnessioni esistenti; l'approccio medico-modello, che poneva l'accento sulla patologia e sulle funzioni fisiche, non considerando adeguatamente gli aspetti sociali e ambientali delle disabilità; l'utilizzo del termine "handicap", oggetto di critiche perché considerato stigmatizzante e limitante, con il rischio di perpetuare stereotipi e discriminazioni nei confronti delle persone con disabilità. Infine, l'ICIDH è stato criticato per non adottare una prospettiva sufficientemente inclusiva e centrata sulla persona[3].
L'ICF, sviluppato per affrontare alcune di queste critiche, ha adottato un approccio più olistico che considera la salute e le disabilità in un contesto più ampio, includendo fattori sociali, ambientali e psicologici, integrando i principali modelli di disabilità, e riconoscendo il ruolo dei fattori ambientali, così come la rilevanza delle condizioni di salute associate e dei loro effetti, adottando una visione più ampia, incentrata sul funzionamento (functioning), termine che comprende le funzioni, le strutture, le attività e la partecipazione del corpo, e denota gli aspetti positivi o neutri dell'interazione tra le condizioni di salute di una persona e i suoi fattori contestuali (fattori ambientali e personali), e la partecipazione sociale, in una cornice più attuale e comprensiva. Il termine "handicap" in sé è stato spesso considerato ambiguo e soggetto a diverse interpretazioni, variando la sua definizione e comprensione in contesti culturali e sociali diversi, rendendo difficile una standardizzazione globale. Può portare con sé uno stigma negativo e un senso di etichettatura, contravvenendo ai principi moderni di rispetto e dignità delle persone con disabilità, contribuendo di conseguenza alla percezione della disabilità come una barriera insormontabile piuttosto che come una sfida da superare, contribuendo alla percezione di un'incapacità intrinseca piuttosto che di una condizione influenzata dall'ambiente circostante. Obiettivi cardine dell'ICF sono fornire una base scientifica per la comprensione e lo studio degli stati, dei risultati e dei determinanti della salute, dei cambiamenti e del funzionamento; stabilire un linguaggio comune per la descrizione della salute e degli stati ad essa correlati, al fine di migliorare la comunicazione tra i diversi utenti, come gli operatori sanitari, i ricercatori, i decisori politici e il pubblico, comprese le persone con disabilità; consentire il confronto dei dati tra Paesi; fornire uno schema di codifica sistematico per i sistemi informativi sanitari. Quattro i principi generali che ne hanno guidato lo sviluppo: universalità, ovvero una classificazione del funzionamento e della disabilità applicabile a tutte le persone, indipendentemente dalle condizioni di salute e in tutti i contesti fisici e culturali; parità e neutralità eziologica, nel classificare il funzionamento e la disabilità, siano esse mentali o fisiche, laddove la disabilità non è differenziata per eziologia, spostando l'attenzione dalla condizione di salute al funzionamento, consentendo di confrontarle con una metrica comune; neutralità, con definizioni formulate in un linguaggio neutro, ove possibile, in modo che la classificazione possa essere utilizzata per registrare sia gli aspetti positivi che quelli negativi; influenza ambientale, per riconoscere l'importante ruolo dell'ambiente nel funzionamento delle persone[4].
Verso un linguaggio inclusivo: affermazione del termine disabilità e valorizzazione della dignità individuale
Il modo in cui gli individui vengono rappresentati, descritti o chiamati in causa può avere un impatto considerevole su come si sentono e su come vengono percepiti dal pubblico, dai datori di lavoro e dai fornitori di servizi. Di conseguenza, l'uso di un linguaggio più rispettoso e centrato sulla persona è emerso con forza negli ultimi decenni, poiché la società ha sviluppato una maggiore consapevolezza e sensibilità verso le questioni legate alla diversità e all'inclusione: un cambiamento di paradigma nell'approccio, sottolineato anche dalla transizione terminologica da handicap a disabilità, che riflette un progresso non solo nel modo in cui le società la vedono e la comprendono, ma anche nella promozione dell'inclusività, della dignità individuale e della parità di opportunità. Tale evoluzione terminologica è parte integrante di un cambiamento culturale più ampio che mira a trasformare la percezione della disabilità da una prospettiva limitante a una prospettiva di inclusione e piena partecipazione. Può essere utile un confronto nell'uso della terminologia: "E' costretto su una sedia a rotelle". "Si tratta di una persona che utilizza una sedia a rotelle per mobilità" Quale la differenza" La disabilità è solo una parte della vita di quella persona; quindi, è importante sottolineare prima di tutto la sua personalità. L'uso di termini come "costretto" implica che la persona sia intrappolata, quando in realtà sta solo utilizzando tecnologie assistive. Il linguaggio inclusivo valorizza e onora identità ed esperienze, affronta le disuguaglianze, aiuta a creare ambienti di apprendimento rispettosi e promuove interazioni accoglienti per tutti. Usare un linguaggio inclusivo significa evitare espressioni o parole che stereotipano, stigmatizzano, banalizzano o escludono gli individui in base, oltre ad altre numerose caratteristiche, alla disabilità o abilità, caratteristiche sulle quali non hanno alcun controllo.
Conclusioni
La situazione delle persone con disabilità in Italia è un caleidoscopio di sfide, progressi e potenziali.
Mentre la Legge 104/92 ha segnato un importante passo avanti nella tutela e nell'integrazione, c'è ancora molto lavoro da fare per garantire l'accesso equo a opportunità educative, professionali e sociali.
Nel Paese le persone disabili sono quasi 13 milioni, di cui oltre 3 milioni in stato di grave disabilità; di queste, quasi 1 milione e 500 mila ha una età superiore a 75 anni[5]. L'allungamento dell'aspettativa di vita obbliga il sistema di welfare ad affrontare una domanda di servizi crescente, per garantire l'assistenza sanitaria e sociale e il diritto a vivere una vita indipendente, superando un mero e semplice approccio risarcitorio e valutandone l'efficacia ad assicurare loro il diritto a vivere la vita al pari delle altre persone. Affrontare le disabilità richiede un impegno continuo da parte della società, del governo e di tutte le parti interessate. Solo attraverso uno sforzo collettivo e un cambiamento culturale possiamo sperare di creare un ambiente in cui ogni individuo, indipendentemente dalla sua abilità, possa godere pienamente dei diritti e delle opportunità che la vita ha da offrire.
Dott.ssa Luisa Claudia Tessore
Note bibliografiche
[1] Corte Cost. sent. n. 325/1996
[2] Cost. sent. n. 406/1992
[3] Schuntermann, MF. (1996) The International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps (ICIDH)--results and problems. Int J Rehabil Res. (1):1-11
[4] Hurst, R (2003) The international disability rights movement and the ICF. Disability and Rehabilitation. Vol 25, No, 11-12, 572-576
[5] Fonte ISTAT: https://disabilitaincifre.istat.it/
Data: 08/12/2023 09:00:00Autore: Luisa Claudia Tessore