Avvocato risarcito per le troppe telefonate della controparte
Atti persecutori: la vicenda
Nella vicenda, un uomo ha tentato di ostacolare l'attività professionale dell'avvocato che rappresentava la sua controparte in un giudizio, attraverso una serie di atti considerati persecutori.
Lo ha più volte contattato al telefono e minacciato; si è ripetutamente appostato nei pressi dell'ufficio del professionista per poi pedinarlo ed insultarlo. L'uomo, inoltre, in concorso con il figlio, materiale esecutore della condotta, ha provocato lesioni personali al legale in questione, stringendogli al collo la cravatta e schiacciandogli la testa contro il vetro di una finestra, così provocandogli lesioni guaribili in 15 giorni. Il professionista ha quindi iniziato a vivere in un perenne stato di paura, ansia ed apprensione per la propria incolumità, ed è stato costretto a modificare le proprie abitudini di vita quotidiana.
L'autore delle suddette condotte è stato così condannato dal tribunale di Forlì ad un anno di reclusione ed al risarcimento del danno liquidato in mille euro.
Contro tale sentenza l'imputato è ricorso dinanzi la Core di Appello di Bologna, i cui giudici hanno revocato le statuizioni civili relative alla liquidazione del danno, rimettendole al giudice civile, ma assegnando alla parte civile una provvisionale immediatamente esecutiva di mille euro. Contro tale condanna l'imputato è ulteriormente ricorso per Cassazione.
La sentenza della Cassazione
Con la sentenza numero 45861/2023 (sotto allegata), i Giudici della V sezione penale della Suprema Corte hanno respinto il ricorso ritenendo che le condotte contestate all'imputato fossero sufficienti ad integrare il reato ipotizzato e contestato, facendo applicazione di un principio giurisprudenziale consolidato secondo il quale il delitto di atti persecutori può essere integrato anche da due sole condotte di minacce, molestie o lesioni, seppur commesse in un breve arco di tempo, in quanto idonee a costituire la reiterazione richiesta dalla norma incriminatrice in una prolungata sequenza temporale.
Il professionista, a seguito dei comportamenti dell'imputato, è caduto in un perdurante stato di ansia ed agitazione, tanto da essere costretto a modificare le proprie abitudini di vita, limitando le sue uscite, evitando di lasciare lo studio a tarda sera e di parcheggiare l'auto dai luoghi ove doveva recarsi, prestando particolare attenzione quando riceveva clienti in studio. A conferma del suo stato e del nesso con i fatti in questione, si è fatto riferimento ad un certificato medico del Centro di Salute Mentale ove l'avvocato si era recato.
Gli Ermellini hanno anche confermato l'aspetto relativo alle statuizioni civili. La somma di 1.000 euro liquidata dal primo giudice è stata ritenuta incongrua rispetto alla gravità del fatto ed al turbamento emotivo subito dalla persona offesa.
Giusto quindi rimettere al giudice civile la quantificazione del danno.
Andrea Pedicone
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Data: 04/01/2024 06:00:00Autore: Andrea Pedicone