Sovraindebitamento: il giudice salva la casa del debitore
Falcidia del 70% del debito
Arriva, dal Tribunale di Benevento, con la firma del dott. Luigi Galasso, una interessantissima sentenza (sotto allegata) di omologa del piano di ristrutturazione del debito, con la falcidia tombale del 70% circa del debito maturato. Il sig. Francesco, nome di fantasia, dipendente pubblico con uno stipendio assolutamente nella norma, a seguito di eventi occorsi, nello specifico una separazione coniugale e imprevisti intervenuti nell'ambito lavorativo, non era più in grado di sostenere le obbligazioni assunte negli anni.
In particolare il sig. Francesco, che aveva acquistato con enormi sacrifici, l'immobile ove la famiglia aveva risieduto fino al naufragio del matrimonio, in seguito al divorzio non era più in grado di adempiere regolarmente al pagamento delle rate del mutuo sottoscritto per l'acquisto dell'immobile stesso, e altresì, al fine di sostenere dignitosamente l'intera famiglia, stava contraendo numerosi nuovi debiti, nella vana speranza di riuscire a ristabilire, prima o poi, tutte le sue posizioni debitorie. Tuttavia, in seguito a pignoramenti avviati da parte di alcuni creditori, si rendeva conto che la situazione era diventata ormai insostenibile e non più reversibile.
Si rivolgeva pertanto allo scrivente avvocato per tentare di risanare la propria posizione debitoria.
La sottoscritta avviava, presso il Tribunale di Benevento, un ricorso con una proposta di ristrutturazione del debito, chiedendo la falcidia di una percentuale pari al 70% del totale debito sin lì accumulato dal sig. Francesco.
La procedura
La procedura avviata in favore del sig. Francesco non è stata affatto semplice, attese le precise e puntuali contestazioni fatte da parte di un creditore in particolare, il quale contestava l'ammissibilità della procedura di ristrutturazione del debito, negando in primis, la figura di consumatore in capo al sig. Francesco, ed affermando altresì che il debitore non fosse meritevole di accedere alla procedura, avendo egli, fittiziamente, spostato la residenza.
Alle osservazioni, fatte dal creditore opponente, sono seguite precise e puntuali precisazioni fatte sia dallo scrivente avvocato, sia dal gestore nominato per la procedura del sig. Francesco, dott.ssa Margherita Maria Gubitosi.
La sentenza di omologa del piano risulta essere interessante sotto molti punti di vista, in quanto piena di spunti giuridici e di precisazioni in merito alle contestazioni fatte dal creditore del sig. Francesco.
Il giudice, nella sentenza di omologa, aderisce totalmente alla ricostruzione fatta dall'avvocato della parte, nonchè dal gestore nominato, la dott.ssa Margherita Maria Gubitosi.
La sentenza
Nel dettaglio, il giudice delegato nella procedura incardinata presso il Tribunale di Benevento, precisa quanto di seguito: «Il piano proposto dal debitore, come si è già avuto modo di evidenziare, prevede un abbattimento quasi totale del credito chirografario (95%) e rilevante del credito privilegiato (68,5%). Complessivamente, quindi, il debitore propone il pagamento di euro 59.049,08 (di cui 30.000 attraverso finanza esterna) a fronte di una debitoria complessiva di euro 239.295,83 (al netto degli oneri della procedura). Ebbene, a fronte di una riduzione dei crediti assai rilevante, la scelta da parte del debitore di escludere l'immobile di sua proprietà dall'odierna proposta non può che palesarsi incomprensibile, inaccettabile e altamente lesiva delle ragioni creditorie.».
In risposta, persuasivamente il gestore della crisi osservava quanto segue: « […] controparte, erroneamente, ritiene che in una procedura liquidatoria, ex art. 268 CCII, debba aggiungersi, oltre alla liquidazione del patrimonio del debitore, finanche la finanza esterna. Si legge nelle osservazioni da controparte trasmesse (""): Siffatta affermazione non trova alcun fondamento giuridico, né riscontro in alcun articolo del CCII, se non relativamente al concordato preventivo, e certamente non è questa la procedura richiesta dall'odierno ricorrente. La finanza esterna, difatti, in codesta procedura, è subordinata alla omologa del piano. Pertanto, in caso di mancata omologa, l'alternativa liquidatoria da considerarsi sarebbe solo il valore dell'immobile. Altresì ritiene, controparte, si possa accantonare una quota dello stipendio del sig. **********, ad oltranza, sine die, e non considera che una liquidazione del patrimonio si conclude nel termine utile di 3 anni dall'apertura della stessa, ex art. 279 CCII, pertanto detto i creditori, non soddisfatti dalla vendita immobiliare, avrebbero a disposizione esigue somme per ottenere una seppur minima soddisfazione, al netto di tutti i costi da sostenersi per la procedura stessa di liquidazione del patrimonio (compresi i costi di tenuta conto)».
Il giudice inoltre afferma, in merito alla contestata ammissibilità del piano per scientia fraudis del debitore: "L' *** assume che il debitore si sia condotto fraudolentemente, avendo tentato di sottrarsi al pagamento del debito attraverso un fittizio spostamento della residenza anagrafica: ma ciò non integra frode. Il *** osserva, ancora, che il gestore della crisi non abbia specificato se siano stati compiuti atti in frode dei creditori: ma il CCII non impone tale menzione. Il creditore, infine, deduce che, in danno del ***, pende procedimento penale per diffamazione, asseritamente commessa contro lo stesso creditore: ciò che non influisce sull'ammissibilità della domanda in esame.".
Esaminate dunque, ed anche superate, tutte le contestazioni sottoposte da un unico creditore, il giudice delegato omologava, con sentenza, il piano di ristrutturazione del debito proposto, che prevede una falcidia del 70% del debito totale accumulato dal sig. Francesco, salvando l'immobile.
Data: 19/01/2024 08:00:00Autore: Floriana Baldino