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Stato di ebbrezza del conducente e responsabilità del trasportato

Non contrasta con il diritto UE il riconoscimento del fatto colposo del terzo che accetti di farsi trasportare da conducente in stato di ebbrezza


Sinistro stradale e stato di ebbrezza: la vicenda

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Tizio e Caio perdevano la vita in un sinistro stradale e i familiari di Tizio, premesso che Caio conduceva l'auto, agivano contro l'Assicuratore designato dal F.G.V.S. e gli eredi di Caio per ottenere il risarcimento dei danni subiti.

L'Assicuratore contestava, tra l'altro, il concorso di colpa del trasportato Tizio in quanto conosceva o avrebbe dovuto conoscere lo stato di alterazione psicofisica di Caio, che era risultato positivo al narcotest.

Il giudizio di merito si concludeva con il riconoscimento del concorso di responsabilità a carico di Tizio, indicata nel 10%, e la questione approdava in Cassazione.

La normativa dell'Unione Europea

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Nel ricorrere avverso la decisione di merito, i familiari del defunto invocano la violazione dell'art. 13, par. 3 della Direttiva 2009/103/CE del 16/09/2009 che impone agli Stati membri di adottare "le misure necessarie affinché qualsiasi disposizione di legge o clausola contrattuale contenuta in una polizza di assicurazione che escluda un passeggero dalla copertura assicurativa in base alla circostanza che sapeva o avrebbe dovuto sapere che il conducente del veicolo era sotto gli effetti dell'alcol o di altre sostanze eccitanti al momento del sinistro sia considerata senza effetto per quanto riguarda l'azione di tale passeggero".

La direttiva – si segnala – è stata recentemente modificata dalla direttiva (UE) 2021/2118 del 24/11/2021, recepita dal d.lgs. 22 novembre 2023, n. 184, senza peraltro che tale modifica abbia inciso sull'art. 13 qui richiamato.

Tornando alla fattispecie, i ricorrenti assumono che l'art. 1227 cod. civ., laddove interpretato nel senso che può essere riconosciuto il concorso di colpa del terzo trasportato che accetti di farsi trasportare da un soggetto in stato di alterazione psicofisica, contrasterebbe con la norma comunitaria che – in quanto tale – è di rango superiore.

A tal fine, i ricorrenti richiamano il precedente della Corte di Giustizia 30 giugno 2005, causa C-537/2003, ECLI:EU:C:2005:417 (sotto allegato).

In realtà detta sentenza, pronunciata nel contesto della previgente normativa comunitaria, non esclude affatto che il Giudice dello Stato membro, in base alla normativa nazionale, possa ridurre il risarcimento del trasportato ravvisandone il concorso di colpa: l'unico limite imposto dal diritto comunitario è che il diritto al risarcimento non sia tout court negato o limitato in misura sproporzionata: "gli Stati membri devono […] garantire che l'assicurazione obbligatoria per gli autoveicoli debba consentire a tutti i passeggeri vittime di un incidente causato da un veicolo di essere risarciti dei danni dai medesimi subiti. Le disposizioni nazionali che disciplinano il risarcimento dei sinistri conseguenti alla circolazione dei veicoli, pertanto, non possono privare le dette disposizioni del loro effetto utile. Ciò si verificherebbe, segnatamente, se una normativa nazionale, definita in base a criteri generali ed astratti, negasse al passeggero il diritto al risarcimento da parte dell'assicurazione obbligatoria per gli autoveicoli, ovvero limitasse tale diritto in misura sproporzionata, esclusivamente sulla base della corresponsabilità del passeggero stesso nella realizzazione del danno. Solo al verificarsi di circostanze eccezionali, in base ad una valutazione caso per caso, l'ampiezza del risarcimento della vittima può essere limitata" (cfr. motivazione, punti da n. 27 a n. 30).

Mentre i testi normativi previgenti (direttiva 24 aprile 1972, 72/166/CEE, c.d. "prima direttiva"; direttiva 30 dicembre 1983, 84/5/CEE, c.d. "seconda direttiva"; direttiva 14 maggio 1990, 90/232/CEE, c.d. "terza direttiva"; direttiva 16 maggio 2000, 2000/26/CE, c.d. "quarta direttiva") non disciplinano la fattispecie specifica del veicolo condotto da soggetto in stato di alterazione, la direttiva 2009/103/CE del 16/09/2009, come visto, disciplina la fattispecie vietando agli Stati membri di negare al terzo trasportato il diritto al risarcimento (e prima di essa, in maniera analoga, anche la direttiva 11 maggio 2005, 2005/14/CE).

La tesi dei ricorrenti, tuttavia, non può essere accolta già alla luce del testo normativo in esame: il 23mo considerando della direttiva 2009/103/CE, infatti, nel premettere che la tutela del trasportato sarebbe messa a repentaglio "se la legislazione nazionale o qualsiasi clausola contrattuale contenuta in un contratto di assicurazione escludesse dalla copertura assicurativa i passeggeri che erano a conoscenza, o avrebbero dovuto essere a conoscenza, del fatto che il conducente del veicolo era sotto gli effetti dell'alcol o di altre sostanze eccitanti al momento dell'incidente", espressamente precisa che resta ferma "la loro responsabilità secondo la legislazione nazionale applicabile, nonché il livello del risarcimento per danni in un incidente specifico".

La decisione della Cassazione

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Nel respingere il ricorso (seppur limitatamente a tale questione, e accogliendolo su altro motivo di gravame), la Cassazione (Sez. III, n. 1386 del 18/01/2023) conferma la statuizione del Giudice di merito affermando che "non è difficile intendere detta norma nel senso che non esonera tout court il trasportato da ogni responsabilità della sua condotta, bensì gli garantisce comunque che gli effetti della sua responsabilità non pervengano all'assoluta esclusione dalla tutela assicurativa, che soltanto viene coordinata e calibrata con la sussistenza degli effetti di tale responsabilità se questa ricorre".

In conclusione viene confermato il principio per cui il trasportato, che accetti di salire su un mezzo condotto da soggetto in stato di alterazione psicofisica, potrà vedere una riduzione del risarcimento ai sensi dell'art. 1227, comma 1 c.c. secondo una valutazione discrezionale del giudice di merito e senza che possa essere invocata – ai fini dell'esclusione del concorso di colpa – la normativa comunitaria.

La normativa, peraltro, lascia aperte problematicità.

Infatti la Corte di Giustizia, nei precedenti citati, ha fatto riferimento alla categoria della non meglio definita "limitazione in misura sproporzionata" del risarcimento.

Occorrerà verificare se tale criterio verrà richiamato anche in riferimento all'attuale normativa (riguardo la quale non risultano precedenti della Corte di Lussemburgo) e, in tal caso, se sarà in grado di incidere sulla portata applicativa - limitandola - dell'art. 1227, comma 1 cod. civ.


Emiliano Torchia – Avvocato in Olgiate Comasco (CO)

Data: 21/01/2024 06:00:00
Autore: Emiliano Torchia