Richiesta di risarcimento danni nelle cause di diritto di famiglia
a) ammonire il genitore inadempiente;
b) individuare ai sensi dell'articolo 614-bis la somma di denaro dovuta dall'obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva ovvero per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione del provvedimento;
c) condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 euro a un massimo di 5.000 euro a favore della Cassa delle ammende.
Il giudice può inoltre condannare il genitore inadempiente al risarcimento dei danni a favore dell'altro genitore o, anche d'ufficio, del minore.
I provvedimenti assunti dal giudice del procedimento sono impugnabili nei modi ordinari".
A differenza di quanto previsto nella previgente disciplina normativa (articolo 709-ter cpc oggi abrogato), oggi le "gravi inadempienze", che possono sollecitare l'intervento del giudice, posso essere anche quelle di natura economica; la riforma Cartabia ha così superato l'orientamento della Corte Costituzionale (cfr. Corte Cost. n. 145/2020) che aveva sancito che l'art. 709-ter, comma 2, c.p.c., dovesse essere interpretato nel senso che il mancato pagamento dell'assegno di mantenimento dei figli, nella misura in cui è già sanzionato penalmente, non doveva essere compreso nel novero delle condotte inadempienti per le quali poteva essere irrogata dall'autorità giudiziaria adita la sanzione pecuniaria del pagamento alla Cassa delle Ammende. Le condotte suscettibili di tale sanzione – a parere della Consulta – dovevano infatti essere "altre", ossia soltanto le tante condotte, prevalentemente di fare infungibile, che possono costituire oggetto degli obblighi relativi alla responsabilità genitoriale e all'affidamento di minori.
Invece, il legislatore della riforma Cartabia ha precisato che rientrano tra le "gravi inadempienze" anche quelle di natura economica e non solo quelle condotte di fare infungibile, come, ad esempio, quelle relative all'affidamento della prole e all'esercizio del diritto di frequentazione.
Inoltre, il giudice ha il potere (anche d'ufficio) di individuare, ai sensi dell'articolo 614-bis c.p.c., la somma di denaro dovuta dall'obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva ovvero per ogni giorno di ritardo.
Questa misura vorrebbe fungere da deterrente, operando una sorta di coercizione dell'obbligato al rispetto dei provvedimenti.
I provvedimenti assunti dal giudice del procedimento sono impugnabili nei modi ordinari.
La norma riproduce il disposto dell'art. 709-ter c.p.c. e deve essere interpretata come riferita ai mezzi tradizionali e comuni di impugnazione previsti per il modello formale di provvedimento nel cui ambito le misure vengono in concreto in emanate, intendendosi dunque che le misure previste dalla norma in esame sono sempre impugnabili nelle forme previste per il provvedimento che fa ad essi da cornice.
Per l'attuazione dei provvedimenti sull'affidamento del minore e per la soluzione delle controversie in ordine all'esercizio della responsabilità genitoriale è il giudice del procedimento in corso, che provvede in composizione monocratica.
Se, invece, non è pendente alcun procedimento è competente, in composizione monocratica, il giudice che ha emesso il provvedimento da attuare o, in caso di trasferimento del minore, il luogo di residenza abituale del minore.
La forma della domanda è quella prevista dal rito unitario, cioè il ricorso, con annesse quelle incombenze, a seconda del caso concreto, enunciate dall'art. 473-bis.12.
In conclusione, la misura di coercizione indiretta assolve a una funzione sanzionatoria e non riparatoria, essendo diretta semplicemente a sanzionare la disobbedienza alla statuizione giudiziaria e a stimolare il debitore all'adempimento, integrando una misura di pressione nei confronti del debitore necessaria ad assicurare il pieno e completo rispetto degli obblighi accertati in sede giudiziale.
Data: 15/02/2024 07:00:00Autore: Matteo Santini