Donazioni informali tra genitori e figli esentasse
Donazioni informali e indirette
La vicenda giudiziaria ha riguardato l'esame della tassazione applicabile alle cd donazioni informali ed indirette, che sono accomunate dall'assenza dell'obbligo di registrazione.
In particolare, le donazioni informali consistono nel trasferimento di denaro o di strumenti finanziari non stipulato per iscritto, né enunciato in un atto scritto, ma che si attui appunto con modalità informali, quali, ad esempio, la consegna brevi manu del denaro o la predisposizione di un ordine di bonifico bancario.
Le donazioni indirette (caso classico è il genitore che acquista una casa e la intesta al figlio), invece, sono quelle liberalità risultanti da atti soggetti alla registrazione e rispetto alle quali i contribuenti non obbligati alla tassazione (tanto è vero che la legge non dispone una sanzione per la loro mancata registrazione, ma "solo" una elevata aliquota d'imposta, sempre che la normativa che la prevede sia vigente), sussitendo al contrario una mera "opportunità" di sottoposizione a tassazione delle donazioni in esame.
Rispetto alle suddette "categorie" di liberalità, sulla base del quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, che di seguito si sintetizza, non sussisterebbe, secondo quanto riferito dalla Corte, un obbligo di tassazione al pari di quanto previsto per le donazioni formali, posto che l'obbligo scatta solo quando l'atto viene sottoposto a registrazione, oppure se viene registrato volontariamente o se, avendo valore superiore a un milione di euro, lo stesso viene dichiarato dal contribuente nel contesto di una procedura di accertamento di tributi.
Liberalità non formali: tassate solo se soggette a registrazione
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 7442/2024 (sotto allegata), ha esaminato la questione relativa all'applicabilità dell'imposta sulle liberalità diverse dalle donazioni in senso stretto, ossia tutti quegli atti di disposizione mediante i quali viene realizzato un arricchimento (del donatario) correlato ad un impoverimento (del donante) senza l'adozione della forma solenne del contratto di donazione tipizzato dall'art. 769 c.c.
In ordine a tale tematica, la Corte ha anzitutto ricordato che "Con l'introduzione dell'art. 56-bis del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, da parte dell'art. 69, comma 1, lett. p), della legge 21 novembre 2000, n. 342, il legislatore ha previsto una disciplina per le "liberalità diverse dalle donazioni", ampio genus nel quale rientrano, e rilevano ai fini impositivi considerati dalla norma, liberalità che neppure si traducono in contratti scritti, trattandosi di meri comportamenti materiali, oppure che risultano da documenti scritti per i quali non è imposta la formalità della registrazione, per cui anche la donazione per così dire "informale" non sembra estranea, come pure è stato sostenuto in dottrina, al meccanismo di emersione oggetto di causa, atteso che l'inosservanza della forma pubblica richiesta dall'art. 782 cod. civ. e la relativa sanzione della nullità, se rilevano sul piano civilistico, a tutela del donante, nessuna conseguenza producono sul piano tributario, in ragione del principio generale affermato dall'art. 53 Cost".
In relazione alla suddetta disciplina, ha evidenziato il Giudice di legittimità, a seguito dell'emanazione della circolare dell'Agenzia delle Entrate l'11 agosto 2015, n. 30/E è stato osservato che "l'imposta sulle successioni e donazioni si applica alle "liberalità indirette risultanti da atti soggetti a registrazione" (articolo 1, comma 4-bis, del TUS), nonché alle altre "liberalità tra vivi" che si caratterizzano per l'assenza di un atto scritto (soggetto a registrazione)".
Rispetto a tale lettura, la Suprema Corte è risultata critica, avendo rilevato come la suddetta opinione "appare imprecisa e incompleta: essa, infatti, sembra evocare (e presupporre) un (invero, inesistente) generalizzato obbligo di registrazione sia delle donazioni (diverse da quelle di cui all'art. 769 cod. civ.) risultanti da atti soggetti a registrazione sia delle liberalità derivanti da atti non soggetti a registrazione perché non formati per iscritto".
Dall'approfondito esame svolto dalla Corte, di cui si è dato brevemente conto, essa ha conclusivamente affermato che:
"a) quanto alle donazioni informali (e alle donazioni indirette non "risultanti" - anche in via di enunciazione - "da atti soggetti alla registrazione") non ricorre il presupposto per la loro sottoposizione a tassazione;
b) quanto alle donazioni indirette "risultanti" (anche in via di enunciazione) "da atti soggetti alla registrazione" (…), i contribuenti non siano messi al cospetto di un ineludibile obbligo di sottoporle a tassazione (…), bensì sia loro offerta una "opportunità" di sottoposizione a tassazione delle donazioni indirette con riguardo all'evenienza che donante e donatario si trovino a doversi riferire a uno spostamento patrimoniale a titolo gratuito, non assoggettato a tassazione, nel contesto di un procedimento (….) finalizzato all'accertamento di altri tributi la cui maggiore entità, rispetto all'imposta sulle donazioni, "solleciti" il contribuente sotto accertamento di "confessare" la donazione, scontando il relativo carico fiscale, piuttosto che subire il maggior esborso che deriverebbe dalla mancata "confessione" della donazione".
Sulla scorta delle sopra riferite conclusioni, la Suprema Corte ha ribadito i seguenti principi di diritto:
"A. In tema di imposta sulle donazioni, l'art. 56-bis, comma 1, del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, va interpretato nel senso che le liberalità diverse dalle donazioni, ossia tutti quegli atti di disposizione mediante i quali viene realizzato un arricchimento (del donatario) correlato ad un impoverimento (del donante) senza l'adozione della forma solenne del contratto di donazione tipizzato dall'art. 769 cod. civ., e che costituiscono manifestazione di capacità contributiva, sono accertate e sottoposte ad imposta (con l'aliquota dell'8%) - pur essendo esenti dall'obbligo della registrazione - in presenza di una dichiarazione circa la loro esistenza, resa dall'interessato nell'ambito di procedimenti diretti all'accertamento di tributi, se sono di valore superiore alle franchigie oggi esistenti (Euro 1.000.000 per coniuge e parenti in linea retta, Euro 100.000 per fratelli e sorelle, Euro 1.500.000 per persone portatrici di handicap);
B. In tema di imposta sulle donazioni, la dichiarazione prevista dall'art. 56-bis, comma 1, lett. a), del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, al fine dell'accertamento e della sottoposizione all'imposta delle liberalità diverse dalle donazioni (nella specie, di una donazione informale avente ad oggetto il trasferimento, mediante bonifico bancario dal conto corrente del donante al conto corrente del donatario, di attività finanziarie detenute all'estero), può provenire, oltre che dal donatario, anche dal donante e può essere rappresentata anche dall'istanza volta ad avvalersi della procedura di collaborazione volontaria ed il rientro dei capitali detenuti all'estero, quando la donazione abbia avuto ad oggetto le attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute fuori dal territorio dello Stato, spontaneamente emerse per volontà dell'autore della violazione degli obblighi di dichiarazione di cui all'art. 4, comma 1, del d.l. 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227".
Data: 01/04/2024 06:00:00
Autore: Silvia Pascucci