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Volo in ritardo: il passeggero deve provare il danno

Cassazione, se il volo è in ritardo per i relativi danni vale il principio generale secondo cui il debitore risponde (solo) dei danni che costituiscono conseguenza immediata e diretta dell'inadempimento


Il ritardo prolungato del volo

La controversia in esame traeva origine dalla domanda, avanzata dal passeggero di un volo di linea, per ottenere il risarcimento dei danni dallo stesso lamentati a causa del ritardo di molte ore del volo.

Nella specie, in ragione di tale ritardo prolungato, il richiedente aveva perso la coincidenza con altro volo, poiché costretto a partire il giorno successivo a quello inizialmente programmato e giungendo a destinazione con 13 ore complessive di ritardo.

Il giudice di pace aveva accolto la domanda avanzata dal passeggero, ritenendo applicabile la tutela prevista dal regolamento CE 261/04 e aveva altresì quantificato in via forfettaria l'indennizzo da volo in ritardo di oltre 3 ore in euro 600,00, applicando la disciplina euro unitaria in via analogica ai trasporti internazionali di persone.

Nelle more del giudizio di secondo grado era intervenuta la sentenza n. 9474/2021 della Suprema Corte, la quale aveva stabilito l'inapplicabilità della disciplina comunitaria per i voli internazionali in assenza della dimostrazione di un effettivo danno patito, negando quindi l'ammissibilità di un indennizzo pari a quello di cui all'articolo 7.1 regolamento 261/2004.

Prova del danno da ritardo del volo

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 6646/2024, ha rigettato il ricorso proposto, condannando il ricorrente al pagamento delle spese.

Per quanto qui rileva, la Corte ha ripercorso la giurisprudenza formatasi sul punto, secondo la quale "in tema di trasporto aereo internazionale, gli artt. 5 e 7 del Regolamento CE n. 261 del 2004, nel prevedere a favore dei passeggeri un ristoro indennitario per il caso di cancellazione del volo (nonché, secondo la giurisprudenza europea, per il caso di ritardo superiore a tre ore), indipendentemente dall'esistenza di un effettivo pregiudizio, configurano una disciplina speciale che si applica, ai sensi dell'art. 3, par. 1, del Regolamento medesimo, ai passeggeri in partenza da un aeroporto situato nel territorio di uno Stato membro e a quelli in partenza da un aeroporto situato in un paese terzo con destinazione in un aeroporto situato nel territorio di uno Stato membro, se il vettore aereo operativo è un vettore Corte di Cassazione - copia non ufficiale 6 di 6 dell'Unione".

Sulla scorta della suddetta normativa ed interpretazione giurisprudenziale, la Corte ha rilevato che "la suddetta disciplina non è analogicamente estensibile oltre i predetti casi, al di fuori dei quali resta applicabile il principio generale di cui agli artt. 1223 e 2697 c.c., secondo cui il debitore inadempiente risponde (solo) dei danni che costituiscono conseguenza immediata e diretta dell'inadempimento, mentre il creditore è onerato della prova tanto delle conseguenze dannose quanto del loro collegamento causale con la condotta del debitore, secondo il nesso di cd. causalità giuridica".

Per i motivi sopra rappresentati, la Suprema Corte ha dunque rigettato il ricorso proposto.

Data: 31/03/2024 08:00:00
Autore: Silvia Pascucci