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Licenziato il dipendente in congedo straordinario

L'investigatore privato dimostra che non vive con il parente malato per il quale usufruisce del permesso e la Cassazione conferma il licenziamento


Licenziamento disciplinare

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Un lavoratore è stato licenziato per motivi disciplinari perché durante il congedo straordinario fruito per assistere la madre invalida, ha "disatteso agli obblighi di assistenza e convivenza posti dalla normativa vigente a presupposto del beneficio della sospensione della prestazione di lavoro". Egli ha impugnato il licenziamento sostenendo l'inesistenza della violazione. Il Tribunale prima, e la Corte di Appello poi, al contrario, hanno ritenuto sussistere l'inosservanza della norma di specie – giacché dimostrata dalle indagini svolge dagli investigatori privati incaricati dall'azienda – e considerata adeguata la massima sanzione del licenziamento. Il lavoratore ha quindi proposto ricorso per Cassazione avverso il provvedimento della Corte di Appello.

Congedo straordinario: la norma

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Il congedo straordinario fruito dal reclamante per 323 giorni consecutivi (4/12/2012-18/12/2013) è disciplinato dall'articolo 42 d. lgs. n. 151/2001. Il ricorrente, in spregio della norma, ha conseguito la medesima residenza della madre solo in data 30/4/2013, ossia alcuni mesi dopo la concessione del beneficio. Ai fini del congedo straordinario è richiesta un'assistenza personale, continuativa e ininterrotta con il familiare disabile.

La norma, al fine di estendere la possibilità di fruire del congedo straordinario al figlio originariamente non convivente, lo obbliga, ove gli sia concesso il beneficio, ad "instaurare una convivenza che garantisca al genitore disabile l'assistenza permanente e continuativa" (cfr. Corte Costituzionale 232/2018).

Le modalità di esercizio del diritto possono quindi essere oggetto di verifica, e la fruizione del congedo per finalità diverse dall'assistenza al disabile ben giustifica il licenziamento per giusta causa, atteso che il beneficio comporta un sacrificio organizzativo per il datore di lavoro, giustificabile solo in presenza di esigenze riconosciute come prevalenti dal legislatore. La mancanza di un nesso causale tra assenza dal lavoro ed assistenza al disabile configura un abuso del diritto e una violazione dei doveri di correttezza e buona fede sia nei confronti del datore di lavoro sia dell'ente assicurativo (Cassazione 9217/2016). Se è vero che il lavoratore ha diritto, durante il congedo, ad avere spazi temporali adeguati alle personali esigenze di vita, è altrettanto vero che l'assistenza deve essere permanente, continuativa e globale (Cassazione 29062/2017).

Il controllo investigativo

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L'azienda ha incaricato un'agenzia investigativa di accertare, 24 ore su 24, per 10 giorni continuativi, se il lavoratore stesse effettivamente prestando assistenza alla madre. Dal monitoraggio non soltanto è emerso che l'interessato non era stabilmente convivente con la donna, ma addirittura che in tutti i 10 giorni in cui è stato oggetto di osservazione l'uomo non le ha mai prestato assistenza, giacché solo in una circostanza si è recato presso la casa della madre (oltretutto senza entrare) al solo fine di ritirare la corrispondenza. Durante il periodo in esame è stato visto in compagnia della moglie e della figlia, con le quali ha fatto acquisti, passeggiate, conversando con conoscenti e recandosi presso altrui abitazioni. Insomma, una "vita normale". Ha inoltre stabilmente dormito presso la casa dove risiedono la consorte e la loro figlia.

Il titolare dell'agenzia investigativa, escusso come teste, ha confermato le risultanze dell'indagine, riferendo circostanze concrete, suffragate dalla relazione agli atti e dalle relative foto ad essa allegate, dichiarando di aver personalmente svolto gli accertamenti, seppur con il supporto di alcuni collaboratori. L'azienda – grazie al lavoro del detective privato – ha così dimostrato la totale mancanza di nesso causale tra assenza dal lavoro e assistenza al disabile, poiché il dipendente non viveva con la madre, né le garantiva in alcun modo assistenza, tantomeno permanente, continuativa e globale come invece prescritto dalla norma. È quindi emerso che il lavoratore ha utilizzato il congedo, riconosciuto per la sola assistenza al disabile, per scopi ad esso estranei, frodando l'INPS ed arrecando pregiudizio anche organizzativo al datore di lavoro, circostanze che giustificano il licenziamento per giusta causa (cfr. Cassazione 16207/2018).

La decisione della Cassazione

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I Giudici della sezione lavoro della Corte di Cassazione hanno ritenuto centrale il convincimento raggiunto sulla base della relazione investigativa (con allegati fotografici) e della deposizione resa dal titolare dell'agenzia investigativa.

Con l'ordinanza numero 14237 del 22 maggio 2024, hanno quindi dichiarato inammissibile il ricorso.

Andrea Pedicone

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Data: 24/05/2024 06:00:00
Autore: Andrea Pedicone