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Il redditometro è risorto

All'alba delle elezioni il redditometro è morto, ora, come previsto è risorto, assumendo il nome di "sintetico"


Il redditometro: evoluzione giuridica

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All'alba dell'elezione il redditometro è morto e, come previsto, all'indomani di queste è risorto, assumendo il nome di "sintetico". A dispetto di quanto sembrasse definitiva ai più la sua scomparsa, esattamente come per Lazzaro è bastata una parola per ridargli la vita, rivestita di indecifrabili scaglioni e soglie di scostamento. Chi non apprende gli insegnamenti della storia è destinato a ripeterne gli errori e questo nuovo sintetico sembra destinato a commetterne altrettanti, quanto mai clamorosi.

Gli anni '70

Il redditometro è stato introdotto con l'articolo 38 del DPR n. 600/73, come strumento, che avrebbe dovuto determinare, indirettamente, il reddito complessivo delle persone fisiche, confrontando il reddito dichiarato con lo stile di vita e la capacità di spesa del contribuente. Il redditometro avrebbe dovuto rappresentare lo strumento cruciale dell'Agenzia delle Entrate nella lotta all'evasione fiscale.

Gli anni '90

Negli anni '90, il redditometro, sarebbe stato migliorato con l'introduzione delle tabelle, passione quotidiana dell'Agenzia delle Entrate, che avrebbero dovuto stimare con relativa precisione la capacità di spesa degli utenti, basandosi sulla disponibilità di beni e servizi specifici. Le tabelle furono aggiornate periodicamente, per riflettere i cambiamenti nei consumi e nei costi della vita, senza rilevare alcuna precisione né tanto meno l'affidabilità dello strumento statistico i cui i termini rimasero un segreto, almeno quanto i geroglifici egizi, violando palesemente i principi di trasparenza dell'azione amministrativa.

Le riforme degli anni Duemila

Il redditometro è stato ulteriormente riformato nel 2020, con l'ambizione di renderlo preciso e invasivo. Invece, la riforma introdusse nuovi indicatori di capacità contributiva, oscure promesse, perché di questo, sostanzialmente, si trattò. Un contraddittorio veramente effettivo, mai attuato, sperando di garantire maggiori diritti ai contribuenti e una migliore trasparenza del sistema fiscale. Invero, la realtà si dimostrò decisamente diversa. Pochi contraddittori a ciclostile e soprattutto un sistema di determinazione dei parametri matematici del redditometro più complessi dei segreti della sfinge.

Nel 2018, il decreto "Dignità" n. 87 sospese l'uso del redditometro per i redditi a partire dal 2016. I risultati del redditometro non solo furono negativi, ma le contestazioni dei contribuenti crebbero in modo esponenziale con risultati del tutto negativi innanzi al giudice tributario.

Tuttavia, nel 2024, il redditometro è stato reintrodotto con il decreto MEF del 7 maggio, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 20 maggio 2024, suscitando dibattiti tra esperti e contribuenti.

Con un Atto di indirizzo del 23 maggio 2024, il MEF ufficializza il rinvio dell'entrata in vigore del "nuovo" redditometro, come modificato dal DM del 7 maggio 2024, pubblicato in G.U. del 24 maggio 2024, sospendendone gli effetti.

Dal vecchio al nuovo Redditometro: un nuovo approccio all'accertamento fiscale

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Il decreto legislativo n. 108 del 2024 ha risolto la controversia sul redditometro, trovando un compromesso tra la sua vecchia versione e l'abolizione totale. Le nuove regole per l'accertamento fiscale mirerebbero a colpire principalmente i redditi più alti, introducendo un tetto per l'eccedenza da considerare pari a circa 70.000 euro, dieci volte l'assegno sociale. Inoltre, sono state delineate nuove vie d'uscita per i contribuenti sottoposti ad accertamento.

«Nella primavera scorsa, durante i lavori di attuazione della riforma, il redditometro ha acceso il dibattito politico sulle strategie di accertamento fiscale» (D'Elia, Nuovo redditometro 2024: come cambia l'accertamento fiscale). Con l'approvazione del decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze di fine maggio, era stato ripristinato lo strumento che esaminava la correlazione tra le spese sostenute dai cittadini e la capacità contributiva. Tuttavia, le reazioni immediate hanno portato il MEF, come anticipato, a sospendere l'accertamento sintetico, dichiarando l'intenzione di ridefinirne i contorni.

«La parola "redditometro" è diventata impronunciabile, tanto che la Commissione Finanze, durante l'esame parlamentare che ha portato al decreto legislativo n. 108 del 2024, ha basato la nuova versione sulla negazione del termine» (D'Elia, Nuovo redditometro 2024: come cambia l'accertamento fiscale). La Commissione ha sollecitato il Governo a incrementare le tutele dei contribuenti, evitando strumenti induttivi di massa e concentrandosi sui singoli casi di contribuenti con profili di rischio fiscale.

Come funziona il nuovo Redditometro 2024

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La strategia di controlli fiscali, già molto selettiva, diventerà ancora più mirata. L'accertamento sintetico, regolato dall'articolo 38 del DPR n. 600 del 1973, si baserà su due condizioni strettamente concorrenti:

Quindi, mentre si conferma l'eccedenza di un quinto, già prevista nel redditometro originario, si introduce un tetto mobile che varia negli anni. Il valore dell'assegno sociale è aggiornato per legge con periodicità biennale, basandosi sugli indici di adeguamento ISTAT.

In particolare, viene previsto che la determinazione sintetica del reddito complessivo sia effettuata a condizione che «il reddito complessivo accertabile ecceda di almeno un quinto quello dichiarato e, comunque, di almeno dieci volte l'importo corrispondente all'assegno sociale annuo, il cui valore è aggiornato per legge, con periodicità biennale, anche sulla base degli indici di adeguamento Istat» (art. 5 d. lgs. 108/2024).

Strumenti di difesa davanti all'Agenzia delle Entrate

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1. Contraddittorio Preventivo:

Il contribuente ha il diritto di essere invitato a comparire per fornire chiarimenti e documentazione che giustifichino le spese sostenute. La giurisprudenza della Corte di Cassazione stabilisce che il giudice deve valutare le prove in conformità con la normativa tributaria sostanziale. Questo non contrasta con l'applicabilità delle presunzioni legali, ma impone al contribuente l'onere della prova contraria. «Il contribuente ha, quindi, la facoltà di contrastare le prove dell'Agenzia delle Entrate mediante la prova di finanziamenti, di spese con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo di imposta, con redditi esenti, con redditi soggetti a ritenuta alla fonte, o con redditi legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile, o da erogazioni liberali concesse da soggetti diversi dal contribuente» (Colamartino, Donazioni informali come prova contraria negli accertamenti fiscali con redditometro). Su quest'ultimo punto c'è da augurarsi che si consolida la giurisprudenza della Cassazione, perché spesso gli Uffici hanno negato validità ad atti privi, quanto meno della data certa. La Corte di Cassazione ha recentemente stabilito che le donazioni informali tra familiari possono essere utilizzate come prova contraria negli accertamenti fiscali tramite redditometro. «La Corte di Cassazione, infatti, ha recentemente stabilito che le donazioni informali tra familiari possono essere utilizzate come prova contraria negli accertamenti fiscali tramite redditometro» (Colamartino, cit.).

L'ordinanza della Cassazione 10 aprile 2027 fa riferimento al caso di una contribuente che aveva ricevuto un avviso di accertamento ai fini Irpef relativo all'anno di imposta 2001. L'Agenzia delle Entrate aveva, infatti, rideterminato sinteticamente il reddito complessivo della stessa, accertando un maggior reddito per l'anno d'imposta 2001. La rettifica era originata dal riscontro della disponibilità, in capo alla contribuente, di beni e situazioni, quali la compravendita di un terreno agricolo e titolarità/disponibilità di altri immobili, cui era correlata una capacità contributiva assolutamente inadeguata rispetto al reddito annuo dichiarato per le annualità di imposta 2000, 2001 e 2002. Contro l'avviso di accertamento delle Entrate la contribuente ha proposto ricorso davanti alla C.T.P., che lo ha accolto nel 2009, annullando l'avviso e compensando le spese di lite. Contro questa decisione l'Agenzia delle Entrate ha proposto appello davanti alla C.T.R. e, a sua volta, la contribuente si è costituita sostenendo l'inammissibilità e l'infondatezza dell'appello delle Entrate.

2. Prova Contraria:

Il contribuente può presentare documenti che dimostrino che le spese sono state sostenute mediante finanziamenti esenti o soggetti a ritenuta alla fonte. La difficoltà della prova contraria risiede nella sua natura di prova negativa. Il contribuente può sostenere di avere percepito a titolo di erogazione liberale somme da familiari, amici o parenti, ma potrebbe non essere in grado di fornire neppure in via indiziaria la prova che le somme percepite gli hanno permesso di affrontare spese, altrimenti non giustificabili. Il problema è stato solo in parte risolto dall'attuale normativa di riforma del contenzioso tributario, che ha di recente ammesso la prova testimoniale scritta. La prova testimoniale scritta è un atto processuale, pertanto è ragionevole ritenere che non è legittimo definire la controversia in sede di accertamento per adesione, dovendo gli atti processuali essere rimessi alla esclusiva valutazione del giudice competente.

3. Accordi di Adesione:

È possibile raggiungere un accordo con l'Agenzia delle Entrate per risolvere la controversia in modo agevolato, riducendo le sanzioni; per chiudere in adesione è necessario che la parte fornisca elementi atti a dimostrare che i dati dell'Agenzia delle Entrate sono errati: beni acquistati, errati per valore o quantità, errata determinazione dell'ammontare dei prestiti, finanziamenti e mutui. Lo strumento non è di facile soluzione, allorquando la controversia con il fisco non attiene di norma all'ammontare, ma attiene al valore e alla qualità oggetto di dibattito con l'Agenzia delle Entrate.

4. Ricorso Tributario:

Se il contribuente non è soddisfatto dell'esito del contraddittorio con l'Agenzia delle Entrate, può presentare un ricorso presso la Commissione Tributaria Provinciale, per contestare all'Agenzia delle Entrate gli accertamenti fiscali davanti al giudice. È fondamentale presentare prove documentali che dimostrino l'inesistenza del maggior reddito presunto, come ricevute, estratti conto bancari, altri documenti finanziari, certificati catastali, perizie giurate che non hanno valore di prova assoluta, ma rappresentano presunzioni semplici nel dibattitto con l'Agenzia. In ogni caso la valutazione degli elementi probatori è competenza esclusiva del giudice che deve valutare il materiale probatorio. Un caso pratico ha visto un contribuente contestare l'accertamento basato sul redditometro presentando documentazione che dimostrava che le spese sostenute erano state finanziate con redditi esenti e soggetti a ritenuta alla fonte. La Commissione Tributaria ha accolto il ricorso, annullando l'accertamento fiscale.

Principi del passato ancora validi

Il redditometro, introdotto per la prima volta nel 1973, prevedeva l'utilizzo di dati e informazioni acquisite da fonti primitive inidonee a verificare la congruenza tra il reddito dichiarato e le spese sostenute. Il contraddittorio preventivo era inesistente e gli strumenti di difesa innanzi al giudice erano assolutamente inidonei a garantire un giusto processo.

Nonostante le modifiche, il redditometro ha suscitato critiche per la sua invasività e per la presunzione di colpevolezza che impone ai contribuenti di dimostrare la propria innocenza. Le stime basate su medie Istat possono non riflettere accuratamente la realtà economica di ogni contribuente, colpendo ingiustamente i contribuenti onesti e creando un clima di sfiducia verso l'amministrazione fiscale.

Alcune critiche giurisprudenziali

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Ecco, quindi, alcune critiche giurisprudenziali e sentenze rilevanti che potranno conservare la loro autorevolezza anche con la nuova legge 108/2024.

Sentenza della Cassazione del 30 gennaio 2024 n. 2746

«La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 2746 della sezione Tributaria, ha confermato la legittimità dell'uso del redditometro anche dopo le più recenti modifiche normative. La Corte ha ribadito che l'accertamento basato sul redditometro rimane valido fino a che il contribuente non fornisca prova contraria» (Greco, Il Redditometro è ancora valido dopo la riforma" da La Legge per Tutti). L'ordinanza della Corte di Cassazione, sezione tributaria, riguarda il giudizio tributario e l'onere della prova. In particolare, la Suprema Corte stabilisce che il giudice deve valutare la prova in coerenza con la normativa tributaria sostanziale. Questo non contrasta con l'applicabilità delle presunzioni legali che impongono al contribuente l'onere della prova contraria.

L'ordinanza chiarisce che la prova contraria del possesso di redditi non imponibili, che il contribuente deve fornire per superare la ricostruzione presuntiva e sintetica del reddito operata dall'Amministrazione, non può limitarsi alla dimostrazione della mera disponibilità di ulteriori redditi o del semplice transito della disponibilità economica nella sfera patrimoniale dello stesso contribuente.

In questa circostanza la Corte di Cassazione non è molto benevola e bisogna augurarsi un improbabile cambio di orientamento.

Sentenza della commissione tributaria di Reggio Emilia

La sentenza innovativa della Commissione Tributaria di Reggio Emilia n. 74.02.13 del 18 aprile 2013 ha affermato la nullità del decreto attuativo del redditometro del 24/12/2012, in quanto il decreto sarebbe sato emanato fuori dal perimetro della legge ordinaria, della Costituzione e dei principi comunitari, prevedendo il decreto una raccolta di dati che si pongono in violazione della normativa sulla privacy.

Caso Pratico di Ricorso in Commissione Tributaria

Un caso pratico di ricorso in Commissione Tributaria ha visto un contribuente contestare l'accertamento basato sul redditometro, presentando documentazione che dimostrava che le spese sostenute erano state finanziate con redditi esenti e soggetti a ritenuta alla fonte. La Commissione ha accolto il ricorso, annullando l'accertamento fiscale. Il presente esito, quindi, potrebbe ritenersi pacifico, stante l'espresso riferimento della nuova normativa.

Calcolo Redditometro 2024

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Sinteticamente, il Decreto Legislativo n. 108 del 2024 ha introdotto una nuova versione del "redditometro", le cui principali novità includono:

1. Soglia di Eccedenza

L'accertamento fiscale scatta solo per redditi superiori a quelli dichiarati di almeno 70.000 euro, dieci volte l'assegno sociale.

2. Condizioni di Accertamento

Il reddito complessivo accertabile deve avere un'eccedenza di almeno il 20% rispetto a quello dichiarato.

3. Vie d'Uscita

I contribuenti possono dimostrare il finanziamento delle spese con redditi diversi, esenti o soggetti a ritenuta alla fonte, o con risparmi accumulati negli anni precedenti.

Conclusioni

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Il nuovo redditometro, quindi, rappresenta uno strumento di accertamento sintetico del reddito che vorrebbe consentire all'Agenzia delle Entrate di determinare indirettamente il reddito complessivo delle persone fisiche. Questo viene fatto tenendo conto della loro capacità di spesa e confrontando i redditi dichiarati con lo stile di vita reale.

Una delle speranze del nuovo redditometro è la maggiore precisione che offre. Questo strumento mira a ridurre i "falsi positivi" concentrandosi su situazioni di evasione fiscale più rilevanti. Inoltre, in caso di incongruenze tra reddito e stile di vita, è previsto un doppio contraddittorio per garantire maggiormente il contribuente. Un altro vantaggio significativo è rappresentato dalle soglie più alte: i controlli fiscali scattano solo se il reddito complessivo stimato supera di dieci volte l'assegno sociale annuo, rendendo i controlli più selettivi.

Tuttavia, ci sono anche alcuni aspetti critici da considerare. La necessità di mantenere una tracciabilità accurata delle spese può risultare onerosa per i contribuenti. Infine, alcuni ritengono che il nuovo sistema possa ancora generare discrepanze e accertamenti fiscali non giustificati.

I criteri utilizzati dal nuovo redditometro includono le spese sostenute dal contribuente come indicatore della capacità contributiva e la propensione al risparmio, determinata attraverso i controlli sui dati dei conti correnti contenuti nell'Archivio dei Rapporti Finanziari. I controlli scattano solo se il reddito complessivo stimato supera di dieci volte l'assegno sociale annuo, che per il 2024 corrisponde a 69.700 euro. Inoltre, il controllo viene attivato se lo scostamento tra i redditi dichiarati e le spese sostenute è superiore al 20%.

Questi criteri mirerebbero a rendere il redditometro uno strumento più preciso e selettivo, concentrandosi sui casi di evasione fiscale più rilevanti.

Abbiamo già sperimentato con lo spesometro i rischi delle elaborazioni statistiche che hanno portato alla sua abolizione. C'è da augurarsi che il redditometro non emuli la celebre favola dello statista Trilussa con la conseguenza che soggetti a reddito medio basso si cibino di caviale, carni costose e si vestano con abiti pregiati.

La preoccupazione è più che mai evidente, considerando che il doppio meccanismo della percentuale del 20% e scaglione di 69.700,00, rapportato alle tabelle Istat, consenta ai benestanti di spendere molto di più del reddito disponibile senza incappare negli accertamenti del fisco. I cittadini, a reddito medio, potrebbero, anche evadere in maniera significativa grazie alla copertura della tabella Istat senza correre il rischio di accertamenti fiscali.

Il problema, purtroppo non è solo giuridico, ma anche e soprattutto economico. Che cosa s'intende in un Paese con il termine povero" Cosa si intende per cittadino medio" Di certo nel nostro paese disporre di un reddito di € 350.000,00 senza essere esposti al rischio di controlli fiscali non fa pensare né al primo né al secondo.

Infine, bisogna augurarsi che alcune riviste "specializzate" o qualche elaborata IA in fase sperimentale non tragga in inganno il contribuente, perché una lettura disattenta della norma può portare a un grave errore interpretativo: credere che non esistano due distinti parametri matematici per il calcolo del redditometro, il primo del 20% da applicare separatamente e il secondo, rapportato alle tabelle Istat, da valorizzare anch'esso indipendentemente.

Data: 23/08/2024 06:00:00
Autore: Francesco Filippo Tigano