Morte di familiare per fatto illecito e risarcimento
- Morte di un familiare per fatto illecito
- Danno non patrimoniale iure proprio
- La prova del danno non patrimoniale ai fini del risarcimento
Morte di un familiare per fatto illecito
Allorché vi è un fatto illecito costituito dalla morte di un familiare caro, che sia connesso a sinistro stradale, responsabilità medica, morte sul lavoro, o più in generale ad uccisione e quanto altro, un dolore atroce e un vuoto incolmabile si crea dentro di noi.
A volte tutto avviene in un attimo e fa soffrire il pensiero di non poter più sentire la sua voce, di non poter più vedere il suo volto, di non potere più godere della sua presenza, ed altresì fa soffrire la consapevolezza dell'impossibilità di proseguire il proprio rapporto di comunanza familiare.
Invero tutto ciò non è altro che una sfaccettatura del danno non patrimoniale iure proprio che va risarcito ai prossimi congiunti.
Vediamo di seguito in cosa si sostanzia e quali soggetti sono "agevolati", ai fini del risarcimento danni, nella prova della sussistenza del relativo danno.
Danno non patrimoniale iure proprio
Il nostro ordinamento giuridico riconosce ai parenti della persona deceduta a causa del fatto illecito, un danno "iure proprio" per il venir meno del godimento del rapporto parentale con il congiunto.
La stessa giurisprudenza riconosce come sia del tutto connaturale all'essere umano soffrire per la scomparsa di un coniuge, un genitore, un figlio o un fratello (Tribunale di Nocera Inferiore, n. 540/2023; Cass. civ. n.25541/2022) ed all'uopo discorre di "danno da perdita parentale" definendolo come "quel danno che va al di là del crudo dolore che la morte in sé di una persona cara provoca nei prossimi congiunti che le sopravvivono", che sfocia in quel "vuoto costituito dal non potere più godere della presenza e del rapporto con chi è venuto meno … nel non poter più fare ciò che per anni si è fatto, nonché nell'alterazione che una scomparsa del genere inevitabilmente produce anche nelle relazioni tra i superstiti" (Cass. civ. n.29784/2018; Cass. civ. n. 9196/2018;Cass. civ. n. 3767/2018; Cass. civ. n. 12146/2016; Cass. civ. n. 4253/2012).
Trattasi, dunque, di un danno di natura non patrimoniale che un soggetto subisce, in conseguenza dell'attività illecita posta in essere da un terzo ai danni di altra persona legata alla prima da un rapporto di natura familiare e/o affettiva, e che si sostanzia nella sofferenza interiore derivante dal venir meno di tale rapporto (Cass. civ. n. 23469/2018; Cass. civ. n. 7513/2018; Cass. civ., n. 901/2018;).
Tale danno si fonda sulla intangibilità degli affetti e della reciproca solidarietà nell'ambito della famiglia, la cui tutela è ricollegata dalla giurisprudenza agli artt. 2, 29 e 30 Cost. (Tribunale di Nocera Inferiore, n. 540/2023; Cass. civ., n. 907/2018; Corte appello Napoli, n.1643/2016; Cass. civ., n. 4253/2012; Cass. civ., n. 2557/2011; Cass. civ., n. 1203/2007, Cass. civ., n. 15022/2005; Cass. civ., n. 12124/2003).
La prova del danno non patrimoniale ai fini del risarcimento
In materia di danno non patrimoniale, "non occorrono prove schiaccianti" per dimostrare il danno subito dai prossimi congiunti della vittimaiure proprio, e dunque la sofferenza degli stessi (Tribunale di Nocera Inferiore, n. 540/2023).
Tale danno, pur non potendosi ritenere in re ipsa per cui deve essere allegato e provato da chi invoca il relativo risarcimento, può essere dimostrato anche mediante presunzioni semplici e massime di comune esperienza (Tribunale Nocera Inferiore n.886/2023; Corte d'Appello di Salerno, n. 741/2024).
Principio giurisprudenziale ormai dominante è, infatti, quello secondo cui la morte di una persona causata da un illecito fa presumere da sola, ex art. 2727 cod. civ. e secondo l'id quod plerumque accidit, una conseguente sofferenza morale in capo al coniuge, ai figli, ai genitori e ai fratelli della vittima, e dunque in capo ai congiunti appartenenti alla cd. famiglia nucleare (cfr. Cass. civ. n. 26185/2024; Cass. civ. n. n. 5769/2024; si veda anche Corte d'Appello di Salerno, n. 741/2024; Tribunale Nocera Inferiore n.886/2023; Cass. civ. n. 25541/2022; Cass. civ. n. n. 9010/2022; Tribunale Ferrara n.541/2021; Tribunale L'Aquila, n. 474/2020;Cass. civ. n. 28989/2019; Cass. civ. n. 25774/2019; Cass. civ. n. 11212/2019; Cass. civ. n. 31950/2018; Cass. n. 3767/2018; Cass. civ. n. 12146/2016).
Ne consegue che già solo l'esistenza del rapporto parentale fa presumere il patimento, la sofferenza, del famigliare superstite dovuto alla perdita del congiunto.
Tale presunzione trova applicazione, appunto, sia per i membri della famiglia nucleare "successiva", ossia coniuge e figli, sia per i membri della famiglia "originaria", quali i genitori e i fratelli (fra le tante Cass. civ., n. 5769/2024) ed a prescindere dalla circostanza che la vittima ed il superstite non convivessero o che vivessero distanti(Cass. civ. n. 5769/2024; Cass. civ., n. 22397/2022; Cass. n. 18284/2021; Cass. n. 29784/2018; Cass. civ., n. 3767/2018;Cass. civ., n. 12146/2016; Tribunale Palermo n.5377/2018).
Trattandosi, comunque, di una praesumptio superabile dalla prova contraria, graverà sul terzo danneggiante l'onere di dedurre e provare in giudizio che la morte della persona non abbia causato pregiudizi morali a tali familiari, provando che vittima e superstite fossero tra loro indifferenti o in odio o che non vi fosse legame affettivo tra loro nonostante il rapporto di parentela (Cass. civ. n.5769/2024; Corte d'Appello di Salerno, n. 741/2024; Cass. civ. n. 25541/2022; Cass. civ. n.22397/2022; Cass. civ. n.29784/2018; Cass. civ. n. 3767/2018).
Solo al ricorrere di tali elementi di segno opposto, dunque, sarà onere del congiunto, che si assume danneggiato, fornire adeguata e concreta dimostrazione della sofferenza morale patita (Tribunale Velletri, n.947/2022).
AVV. ILARIA PARLATO
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L'Avv. Ilaria Parlato, civilista e penalista, è autrice di articoli scientifici relativi ad argomenti di diritto civile, diritto di procedura civile, diritto penale e diritto di procedura penale.
Data: 24/12/2024 07:00:00Autore: Ilaria Parlato