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Cassazione: consulenza nelle aziende? Sono attivita' libere

La Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione (Sent. n. 15530/2008) ha stabilito che la consulenza fiscale e quella commerciale effettuate nelle aziende è un'attività libera e che può essere pertanto esercitata anche da chi non è commercialista o ragioniere e in generale da chi non è iscritto a un albo.
In particolare, gli Ermellini hanno precisato che al di fuori delle attività comportanti prestazioni che possono essere fornite solo da soggetti iscritti ad albi o provvisti di specifica abilitazione (iscrizione o abilitazione prevista per legge come condizione di esercizio), "per tutte le altre attività di professione intellettuale o per tutte le altre prestazioni di assistenza o consulenza (che non si risolvano in una attività di professione protetta ed attribuita in via esclusiva, quale l'assistenza in giudizio), vige il principio generale di libertà di lavoro autonomo o di libertà di impresa di servizi a seconda del contenuto delle prestazioni e della relativa organizzazione (salvi gli oneri amministrativi o tributari)".
Sulla scorta di tale premessa, la Corte ha enunciato il seguente principio di diritto "nelle materie commerciali, economiche, finanziarie e di ragioneria, le prestazioni di assistenza o consulenza aziendale non sono riservate per legge in via esclusiva ai dottori commercialisti, ai ragionieri e ai periti commerciali, non rientrando fra le attività che possono essere svolte esclusivamente da soggetti iscritti ad apposito albo professionale o provvisti di specifica abilitazione".
Infine, la Corte ha aggiunto "l'esecuzione di una prestazione d'opera professionale di natura intellettuale effettuata da chi non sia iscritto nell'apposito albo previsto dalla legge, dà luogo, ai sensi degli artt. 1418 e 2231 cod. civ., a nullità assoluta del rapporto tra professionista e cliente, privando il contratto di qualsiasi effetto, sicché il professionista non iscritto all'albo o che non sia munito nemmeno della necessaria qualifica professionale per appartenere a categoria del tutto differente, non ha alcuna azione per il pagamento della retribuzione, nemmeno quella sussidiaria di arricchimento senza causa" e che "al fine di stabilire se ricorra la nullità prevista dall'art. 2231 cod. civ., occorre verificare se la prestazione espletata dal professionista rientri in quelle attività che sono riservate in via esclusiva a una determinata categoria professionale, essendo l'esercizio della professione subordinato per legge all'iscrizione in apposito albo o ad abilitazione". Data: 23/06/2008 01:00:00
Autore: Cristina Matricardi