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Vacanza rovinata da alghe urticanti? No al risarcimento danni

Il fenomeno della bassa marea come condizione favorevole per il formarsi di alghe urticanti non è riconducibile al novero delle informazioni che l'organizzatore del viaggio deve mettere al disposizione del Consumatore. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione (Sentenza n. 15798/2009) confermando la sentenza di rigetto di una richiesta di risarcimento danni avanzata nei confronti di un noto tour operator. Il cliente si era lamentato del fatto la società aveva violato l'obbligo di informare i viaggiatori dell'esistenza di fenomeni naturali (bassa marea, barriera corallina, presenza in mare di una particolare alga ustionante) che le avrebbero impedito il normale godimento della vacanza e le avevano cagionato una patologia dermatologica.Già in primo grado i giudici avevano affermato che "ai fini dell'accertamento della responsabilità della compagnia di viaggio, la danneggiata avrebbe [...] dovuto provare non solo che la controparte fosse stata a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della presenza dell'alga marina in quel tratto di mare e nel periodo in cui ebbe luogo la vacanza e della probabilità di un contatto aggressivo facilitato dalla bassa marea, ma anche che ella, se informata di tale eventualità, si sarebbe astenuta dallo stipulare il contratto o lo avrebbe concluso a condizioni diverse".Questa motivazione secondo la Cassazione "non risulta nè insufficiente nè contraddittoria non ravvisandosi nel ragionamento del giudice del merito nè il mancato esame di un punto decisivo della controversia, prospettato dalla parte (in quanto, come esposto, la Corte territoriale esamina proprio il punto sulla richiesta di apposita CTU per disattenderla) nè un insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate (Cass. n. 2399/04).Nè può dedursi di aver in tal modo posto a carico del viaggiatore - consumatore la prova di conoscenza delle circostanze da parte" del tour operator.Anche il giudice dell'appello, continua la Corte ha accertato che il tour operator "ha agito secondo il criterio della diligenza professionale (art. 1176 c.c.) e della buona fede precontrattuale e contrattuale (artt. 1175, 1337, 1374 e 1375 c.c.)" posto che il fenomeno della bassa marea, quale situazione favorevole all'azione nociva di eventuali microrganismi acquatici non è una di quelle informazioni che debbono essere messe a disposizione di chi viaggia.La Corte evidenzia anche che "l'organizzatore di viaggi turistici, in base ai principi contenuti nella Convenzione di Bruxellese del 23 aprile 1970, concernente il contratto di viaggio deve adottare tutte le misure idonee ad evitare danni a coloro che vi partecipano (Cass. n. 4636/97); è tenuto ad una condotta che non superi il livello medio di diligenza (Cass. n. 20787/04).Pertanto, una volta informato il viaggiatore, come è stato fatto nella specie, delle prestazioni promesse (trasporto, alloggio, attività sportive, escursioni e quant'altro), e messo a disposizione di questi il cd. opuscolo informativo menzionato dal D.Lgs. n. 111 del 1995, art. 9, che contempla tra le informazioni generali quelle sole notizie, di carattere per lo più amministrativo, necessarie per recarsi all'estero e indicato nel documento di viaggio i servizi forniti e le condizioni atte a giustificarne l'annullamento, nulla più incombe al detto organizzatore per dimostrare di aver adempiuto con la dovuta diligenza ai suoi obblighi".In sostanza secondo gli Ermellini nel caso di specie non vi sarebbe stata alcuna negligenza informativa "dovendosi ragionevolmente considerare che esula dalla esperienza dell'organizzatore del viaggio e dalla sua necessaria professionalità la cognizione della bassa marea in un posto e della esistenza di microrganismi infetti nello stesso". Data: 12/08/2009 10:40:00
Autore: Roberto Cataldi