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Giustificano i delitti dicendo di aver perso la testa

Sono tutti soggetti a rischio, portatori di deficit del ragionamento? Ipotesi psicologico-giuridica
Dopo i crimini efferati si giustificano puntualmente, dicendo di aver perso la testa, ma dall'analisi fattoriale della loro personalità risulterebbe che essi non avrebbero mai avuto “la testa completamente a posto”. Il sospetto clinico di una carenza psicologica pregressa prende le mosse proprio dalla loro leggerezza ideativa nel rispondere, di fatto puerilmente, dopo un crimine efferato, descrivendo “un crimine senza ragione”, dicendo di aver perso la testa, di non aver capito più niente o di non ricordare più niente; né si può pensare ad un espediente messo in pratica per evitare il massimo della condanna proprio perché, in quasi tutti i casi, manifestano immediatamente tendenze suicide. Lascia pensare ad una grave patologia pregressa anche il repentino passaggio del criminale dal comportamento bestiale e cruento, avuto effettivamente nella scena delittuosa, al comportamento afflosciato, amichevole, bonario, rassicurante ma senza emozione, manifestato durante il racconto del delitto. Alla fine, l'assassino si descrive da bravo ragazzo appartenente alla percentuale dei bravi ragazzi, così chiamati dalla gente, in virtù del loro aspetto gradevole, nonostante siano affetti da “deficit del ragionamento”, e quindi dotati di una mente compatibile col “crimine senza ragione”. Confrontando il problema con quello delle morti del sabato sera, tutti sicuramente ricorderanno che i medici ed gli psicologi per anni hanno suggerito l'uso dell'etilometro che poi ha rilevato il problema ed ha miracolosamente salvato molte vite. Oggi per tentare di ridurre gli atti inconsulti, ed i delitti odiosi bisogna partire senza dubbio da nuove ipotesi di intervento psicologico sui soggetti a rischio, portatori di “deficit del ragionamento” e tendenze criminali “secondarie”; si dovrà iniziare a testare gli interventi preventivi in un'area “borderline” da cui provengono espressamente tanti protagonisti delle cronache giudiziarie. In questo passaggio epocale “libertario - globale” che vede la televisione ed internet soppiantare l'educazione familiare e la didattica scolastica, ogni psicologo si interroga per tentare di soccorrere la società costruttiva e solidale, invece di delegare passivamente la sicurezza individuale alle forze dell'ordine con tutto l'apparato di prevenzione, di dissuasione e di contrasto, o ai religiosi di mille Chiese, o ai professori di migliaia di scuole, o ai i genitori, mentre i delitti più assurdi ed odiosi continuano a susseguirsi ininterrottamente e con aspetti più feroci. Lo psicologo, osservando statisticamente molti “atti inconsulti” sfociati in crimini efferati che sono riferibili a “soggetti portatori di deficit del ragionamento”, comincia ad interrogarsi circa il bisogno dell'ausilio di nuove strategie preventive psico - sociali, onde evitare l'assuefazione delle persone a queste nuove tipologie criminali, ora che: la badante, “preoccupata per i suoi bisogni ha perso la testa” e picchia i vecchi nei loro letti, i bambini vengono violentanti da accudenti “immaturi che perdono la testa”, i ladri che “alla vista del bottino perdono la testa e uccidono” le persone in casa, i mariti e gli ex fidanzati disturbatori e vandali, che “rifiutati perdono la testa” e perseguitano ed uccidano le donne, gli scippatori “che in cerca di soldi perdono la testa” e impauriscono i malati persino negli ospedali. Nel tentativo di ipotizzare una strategia adatta alla prevenzione devo sottolineare al primo punto che la gente comune continua ad illudersi di distinguere facilmente il criminale potenziale che frequenta la famiglia da un'altra persona educata che pratica la cooperazione e convivenza civile. Infatti la gente, come stiamo vedendo negli ultimi tempi, scorge alla fine le tendenze criminali di un tizio, cioè sempre dopo il delitto avvenuto. Lo psicologo ed il neuropsichiatra sanno invece benissimo che vi sono in giro migliaia di “soggetti” che vanno aiutati ed orientati, perché appunto “per un niente perdono la testa” essendo mentalmente fragili, esaltati, tossicodipendenti, borderline, incapaci di praticare stabilmente la cooperazione e la convivenza civile, abituati, attualmente a fare quello che gli capita o gli piace: sottraggono, ad esempio, un motorino e se non vi riescono si “aiutano” con una lama di coltello per fiaccare le forze del proprietario, oppure picchiano le vecchie signore prima di derubarle, anzi se si ribellano la violentano per dar loro una “lezione indimenticabile”; se una donna lascia un soggetto “che subito perde la testa” tutto sfocia in persecuzioni, omicidi e suicidi. Tra gli elementi comuni che contraddistinguono la personalità degli autori dei delitti odiosi troviamo la debolezza della vittima, l'assenza di una ragione comprensibile, l'efferatezza delittuosa ed il suicidio finale dell'autore. Bastano questi pochi elementi per risalire alla personalità tipica di ragazzi (mentalmente fragili, esaltati, tossicodipendenti o borderline). Il termine “ragazzi” è ricorrente perché moltissimi soggetti (portatori di deficit del ragionamento) in genere manifestano le tendenze omicide e suicide già in giovane età, ma non mancano casi di atti inconsulti in età matura ed avanzata. Allora qui emerge chiaramente anche il dovere di parlare sinceramente e dire che se non si fa prevenzione con la specifica “educazione al ragionamento”, nei confronti di un'alta percentuale di bravi ragazzi, così chiamati dalla gente, nonostante siano portatori di deficit del ragionamento e dotati di una mente “adatta” “ai crimini senza ragione”, continueranno a crescere le aggressioni, i delitti odiosi e le morti inspiegabili. Alla fine di queste osservazioni, mi accingo a sostenere l'ipotesi della prevenzione attraverso un tentativo di “educazione al ragionamento”, che nell'antichità fu chiamata dai Greci educazione alla saggezza, che possa servire a mitigare le tendenza ad atti inconsulti e sia applicabile nei confronti del soggetto indipendentemente dal grado di intelligenza.

Gennaro Iasevoli

Psicologo – docente di psicologia giuridica - sito universitario:
http://www.giurisprudenza.uniparthenope.it/siti_docenti/SitoDocentiStandard/default.asp?sito=giasevoli Data: 15/10/2010 09:30:00
Autore: Gennaro Iasevoli