Relativamente alla prova dell'osservanza della percentuale dei lavoratori da assumere a termine rispetto ai dipendenti impiegati dall'azienda con contratto di lavoro a tempo indeterminato, il relativo onere è a carico del datore di lavoro, in base alla regola esplicitata dalla L. 18 aprile 1962, n. 230, articolo 3, secondo cui incombe al datore di lavoro dimostrare l'obiettiva esistenza delle condizioni che giustificano l'apposizione di un termine al contratto di lavoro. Sulla base di tale principio la Corte di Cassazione, con sentenza n. 7546 del 4 aprile 2011, ha ritenuto non condivisibile l'affermazione contenuta nella pronuncia della stessa Corte n. 17674/2002, secondo cui incombe al lavoratore, in applicazione del generale principio sancito dall'art. 2697 c.c., provare le ragioni della illegittimità del contratto di lavoro, per violazione del requisito numerico. Inversione di tendenza, dunque, supportata - secondo i giudici di legittimità - da giurisprudenza, successiva alla citata pronuncia, che, "nel ribadire come nel regime di cui alla L. 28 febbraio 1987, n. 56, la facoltà delle organizzazioni sindacali di individuare ulteriori ipotesi di legittima apposizione del termine al contratto di lavoro è subordinata dall'articolo 23 alla determinazione delle percentuali dei lavoratori che possono essere assunti con contratto a termine sul totale dei dipendenti, ha sottolineato che non è sufficiente l'indicazione del numero massimo di contratti a termine, occorrendo altresì, a garanzia di trasparenza ed a pena di invalidità dell'apposizione del termine, l'indicazione del numero dei lavoratori assunti a tempo indeterminato, sì da poter verificare il rapporto percentuale tra lavoratori stabili e a termine".
Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: