La disdetta del CCNL trova applicazione esclusivamente con riferimento alle organizzazioni sindacali firmatarie dello stesso contratto ma non di certo con riferimento alle parti del rapporto di lavoro individuale, salva l'ipotesi di contratti aziendali, stipulati dal singolo datore di lavoro e dai sindacati locali dei lavoratori e dai quali, ricorrendone i presupposti, anche il datore di lavoro, quale parte contrattuale, può recedere. E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con sentenza n. 8994 del 19 aprile 2011, relativamente al caso di una società che aveva operato il recesso dal contratto collettivo nazionale settore Tessile con conseguente riduzione delle retribuzioni corrisposte ai suoi dipendenti. I giudici di merito, sul ricorso proposto da una dipendente, avevano ritenuto l'illegittimità dell'atto di recesso con condanna dell'azienda al pagamento, in favore della lavoratrice, delle differenze retributive connesse all'applicazione del contratto collettivo. A nulla vale la motivazione della società in merito alla "rovinosa situazione economica-produttiva" che l'aveva portata a disdidire il CCNL per eccessiva onerosità sopravvenuta. La Suprema Corte, infatti, rigettando il ricorso dell'azienda in crisi, sottolinea l'infondatezza del presupposto mosso dalla ricorrente ossia la possibilità da parte del singolo datore di lavoro di disdettare il contratto collettivo, competendo la possibilità di disdire il contratto collettivo esclusivamente alle parti stipulanti - organizzazioni sindacali e datoriali - che di norma disciplinano pure le conseguenze della disdetta.
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