La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, con sentenza n. 9346 del 26 aprile 2011, ha affermato che "a prescindere dalla computabilità o meno di talune assenze ai fini del computo del periodo di comporto, (...), risulta precluso al datore di lavoro di collocare unilateralmente il dipendente in aspettativa non retribuita, essendo ciò in contrasto sia col principio della immodificabilità unilaterale delle condizioni del contratto di lavoro, con sospensione da parte del datore di lavoro dell'obbligazione retributiva sia, nel caso di specie, con la norma contrattuale collettiva di cui all'art. 18, comma 3, che espressamente prevede che l'aspettativa non retribuita può essere concessa solo su richiesta del lavoratore interessato". I Giudici di legittimità, accogliendo il ricorso di un dipendente cui era stato sospeso lo stipendio a seguito di notifica del superamento del periodo di comporto, hanno inoltre precisato che il danno non patrimoniale patito dal lavoratore non discende in via automatica dall'inadempimento datoriale ma esso va provato dal lavoratore che è tenuto altresì a dimostrare l'esistenza di un nesso di causalità fra l'inadempimento e il danno.
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