La Corte di Cassazione, con sentenza n. 9867 del 5 maggio 2011, ha affermato, ribadendo principi già consolidati in giurisprudenza, che "in caso di mancato versamento della ritenuta d'acconto da parte del datore di lavoro il soggetto obbligato al pagamento del tributo è comunque anche il lavoratore contibuente". L'intervento del "sostituto" (datore di lavoro), in presenza dell'obbligo di effettuare la ritenuta d'acconto, lascia inalterata la posizione del "sostituito" (lavoratore) sul quale grava l'obbligo specifico di dichiarare i redditi assoggettati a ritenuta. Sulla base di tali principi la Suprema Corte ha accolto il ricorso dell'Agenzia delle Entrate e cassato la sentenza con cui la Commissione Tributaria, accogliendo il ricorso di una contribuente, aveva rilevato la buona fede della lavoratrice sottolinenando che la stessa fosse esonerata da ogni obbligo fiscale, per il fatto che vi era l'obbligo primario del datore di lavoro. I Giudici di legittimità hanno invece considerato totalmente errato l'assunto della Commissione secondo il quale gli obblighi del sostituto assorbivano ogni altro obbligo del sostituito evidenziando l'obbligo del lavoratore di dichiarare anche i compensi percepiti "in nero".
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