È reato inserire su una chat-line pubblica il numero di cellulare di soggetti terzi. É questo il contenuto della sentenza n. 21839 depositata l'1 giugno 2011 con cui i giudici di Piazza Cavour hanno stabilito che tale comportamento integra il reato trattamento illecito di dati di cui all'art. 167 della legge 196/2003 (cd. "codice della privacy"). In particolare, i giudici della terza sezione penale hanno spiegato che l'assoggettamento alla norma in tema di divieto di diffusione di dati sensibili riguarda tutti indistintamente i soggetti entrati in possesso di dati, i quali saranno tenuti a rispettare sacralmente la privacy di altri soggetti con i primi entrati in contatto, al fine di assicurare un corretto trattamento di quei dati senza arbitrii o pericolose intrusioni. Né la punibilità può dirsi esclusa se il soggetto detentore del dato abbia ciò acquisito in via casuale, in quanto la norma non punisce di certo il recepimento del dato, quanto la sua indebita diffusione. Ne consegue che la diffusione in ambito generalizzato di un numero di utenza cellulare, per sua intrinseca natura riservato è certamente produttiva di danno: elemento, quest'ultimo, preso in considerazione dal legislatore che lo ricollega all'elemento soggettivo del reato inteso quale dolo.
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