"Il rifiuto di effettuare la consegna di una parte della corrispondenza di competenza di un collega assegnatario di altra zona della medesima area territoriale, in violazione dell'obbligo di sostituzione previsto dal contratto collettivo, non è astensione dal lavoro straordinario, nè astensione per un orario delimitato e predefinito, ma è rifiuto di effettuare una delle prestazioni dovute. (...) L'astensione pertanto non può essere qualificata sciopero e resta un mero inadempimento parziale della prestazione dovuta". E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 12978 del 14 giugno 2011, ha rigettato il ricorso di una dipendente di Poste Italiane non condividendo la nozione di sciopero proposta dalla lavoratrice perchè non può definirsi sciopero ogni astensione sindacale che comporti una riduzione del servizio. La Suprema Corte ha precisato che "ci si colloca al di fuori del diritto di sciopero quando il rifiuto di rendere la prestazione per una data unità di tempo non sia integrale ma riguardi solo uno o più tra i compiti che il lavoratore è tenuto a svolgere. E' il caso del cd. sciopero delle mansioni, comportamento costantemente ritenuto estraneo al concetto di sciopero e pertanto illegittimo dalla giurisprudenza". In conclusione il rifiuto di esecuzione di una parte delle mansioni, legittimamente richiedibili al lavoratore, non costituisce esercizio legittimo del diritto di sciopero e può configurare una responsabilità contrattuale e disciplinare del dipendente con la conseguenza che la sanzione disciplinare inflitta al lavoratore non è illegittima e il comportamento datoriale non è antisindacale.
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