"Il contenuto del contratto di prestazione di lavoro temporaneo intercorrente tra l'impresa fornitrice ed il singolo lavoratore assume un peculiare rilievo rispetto a quanto previsto dall'art. 1, comma 2, lettera a), L. 24-6-1997 n. 196 e la mancanza/genericità dello stesso spezza l'unitarietà della fattispecie complessa voluta dal legislatore per favorire la flessibilità dell'offerta di lavoro nella salvaguardia dei diritti fondamentali del lavoratore e fa venir meno quella presunzione di legittimità del contratto interinale che il legislatore fa discendere dall'indicazione, nel contratto di fornitura, delle ipotesi cui il contratto interinale può essere concluso". E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 14715 del 5 luglio 2011, ha rigettato il ricorso proposto da un'azienda avverso la sentenza con cui la Corte d'Appello aveva dichiarato l'illegittimità della fornitura di lavoro temporaneo, a causa della genericità della causale del contratto con conseguente instaurazione di rapporto di lavoro subordinato tra le parti reali, impresa utilizzatrice e lavoratore. La Suprema Corte ritiene che, nel caso di specie, trova applicazione la L. 1369 del 1960, che prevede la sanzione a carico dell'impresa utilizzatrice, tra l'altro, per le violazioni di cui all'art. 1, comma 2, lettera a) L 196/97, la quale stabilisce che il contratto di fornitura di lavoro temporaneo può essere concluso nei casi previsti dai contratti collettivi nazionali; ne consegue che il contratto di lavoro col fornitore "interposto" si considera a tutti gli effetti instaurato con l'utilizzatore "interponente".
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