Con la sentenza n. 15386, depositata il 13 luglio 2011, la Corte di cassazione ha stabilito, che il sanitario, qualora formuli una diagnosi di normalità morfologica del feto anche sulla base di esami strumentali che non hanno consentito, senza sua colpa, di visualizzare il feto nella sua interezza, ha l'obbligo di informare la paziente della possibilità di ricorrere a un centro di più elevato livello di specializzazione, in vista dell'esercizio da parte di quest'ultima del diritto di interrompere la gravidanza, ricorrendone i presupposti. In seguito al rigetto della domanda di risarcimento danni proposta dai genitori di una bambina nata con gravi malformazioni, sia in primo che in secondo grado, i genitori proponevano ricorso per cassazione richiedendo il risarcimento del danno nei confronti del medico e della relativa Asl di Frosinone a causa della mancata diagnosi di gravi malformazioni presenti nel feto nel corso della gravidanza portata avanti dalla madre e della mancata informazione. In sostanza, una donna, nonostante una diagnosi di normalità del feto, aveva dato alla luce una paziente gravemente malformata. La Corte, ritenendo il mezzo fondato, ha precisato che "riguardando la domanda risarcitoria anche (…) la mancata informazione si è rivelata impeditiva della facoltà, per la gestante, di interrompere la propria gravidanza". Sussiste per questo motivo "la responsabilità del sanitario, siccome tenuto, comunque, ad informazione, in relazione alla possibile inidoneità delle attrezzature usate".
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