Con la sentenza n. 30398, depositata l'1 agosto 2011 la quinta sezione penale ha stabilito che, nonostante la modifica dell'art. 671 cpp, lo stato di tossicodipendenza in cui si trova l'imputato di furto, non è un fattore unificante dei vari illeciti se non viene data prova dell'unicità del disegno criminoso. In sostanza, senza prova dell'unicità del disegno criminoso, l'abitualità trasgressiva dell'imputato è ininfluente ai fini dell'applicazione dell'istituto della continuazione. Secondo i giudici della Suprema Corte infatti non è possibile rinvenire, ex articolo 671 Cpp (modificato dalla legge 49/2006), un fattore unificante nello stato di tossicodipendenza laddove quest'ultimo e la conseguente necessità di acquisire il denaro necessario per l'acquisto della sostanza stupefacente, costituiscono sì elementi indicativi del movente dei delitti commessi, ma non costituiscono prova dell'originaria ideazione e deliberazione delle varie trasgressioni. L'innovazione legislativa del 2006, ha spiegato la Corte, è espressione della volontà del legislatore di attenuare le conseguenze sanzionatorie delle condotte illecite, ove l'interprete sia in grado di individuare, attraverso l'accertamento dello status di tossicodipendenza e di altri fattori - l'unicità del disegno criminoso. Risulta tuttavia plausibile che rispetto alla condotta dell'agente sia in certi casi impossibile la ricostruzione di uno specifico quadro fattuale e conseguentemente l'individuazione dell'unicità del disegno criminoso, laddove i fatti rimangono frutto di scelte trasgressive autonome, senza che sia stato dimostrato che egli, sia pure nel persistere dello stato di tossicodipendenza, quando ha commesso il primo reato, avesse già deliberato le successive violazioni della stessa specie sia pure in linea di massima.
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