Con la sentena n. 19792 depositata il 28 settembre 2011, la Corte di Cassazione, in tema di usi civici, (L. 16.06.1927, n. 1766, art. 1, 11), ha stabilito che un bene soggetto ad uso civico non può essere oggetto di espropriazione forzata, per il particolare regime della sua titolarità e della sua circolazione, che lo assimilano ad un bene appartenente al demanio, nemmeno potendo per esso configurarsi una cosiddetta "sdemanializzazione" di fatto. In particolare la terza sezione civile, ha preciato che l'incommerciabilità derivante dalle norme della legge nazionale comporta come inevitabile conseguenza che, al di fuori dei più o meno rigorosi procedimenti di liquidazione dell'uso civico e prima del loro formale completamento, la preminenza di quel pubblico interesse che ha impresso al bene immobile il vincolo dell'uso civico stesso ne vieti qualunque circolazione, compresa quella derivante dal processo esecutivo, quest'ultimo essendo posto a tutela (se non altro prevalente) dell'interesse del singolo creditore e dovendo quest'ultimo recedere dinanzi al carattere superindividuale e "lato sensu" pubblicistico dell'interesse legittimante l'imposizionedell'uso civico, tale divieto comportando la non assoggettabilità del bene gravato da uso civico ad alcuno degli atti dal processo esecutivo, a partire dal pignoramento, che ne è quello iniziale.
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