"Quando la prestazione dedotta in contratto sia estremamente elementare, ripetitiva e predeterminata nelle sue modalità di esecuzione, ed, al fine della qualificazione del rapporto di lavoro come autonomo o subordinato, il criterio rappresentato dall'assoggettamento del prestatore all'esercizio del potere direttivo, organizzativo e dispciplinare non risulti, in quel particolare contesto, significativo, occorre, a detti fini, far ricorso a criteri distintivi sussidari, quali la continuità e la durata del rapporto, le modalità di erogazione del compenso, la regolamentazione dell'orario di lavoro, la presenza di una pur minima organizzazione imprenditoriale e la sussistenza di un effettivo potere di autorganizzazione in capo al presatatore, desunto anche dalla eventuale concomitanza di altri rapporti di lavoro". Ribadendo tale principio la Suprema Corte, con sentenza n. 20265 del 4 ottobre 2011, ha rigettato il ricorso di un datore di lavoro che contestava il ricorso, effettuato dal giudice d'Appello, ai criteri sussidiari in relazione al carattere elemetare delle mansioni di un suo lavoratore ed invocava il principio per cui anche in caso di svolgimento di mansioni elementari il lavoratore deve provare l'esercizio da parte del datore di lavoro dei poteri direttivi, organizzativi e disciplinari. I Giudici di legittimità affermano che la sentenza dei giudici di merito non ha indebitamente valorizzato la circostanza della mera presenza del lavoratore nei locali dell'azienda per esercitarvi in proprio l'attività di falegnameria, ma ha indicato le ragioni di tale presenza anche in un'attività diversa che, essendo svolta in "aiuto" del titolare dell'azienda e con le ulteriori caratteristiche di continuità e durata oraria, non illogicamente è stata ritenuta quale elemento dimostrativo della subordinazione.
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