Con sentenza 11 giugno 2003, n. 203, la Corte Costituzionale, ribadendo quanto già affermato in precedenti decisioni, ha dichiarato infondata una questione legittimità costituzionale
Con Sentenza 11 giugno 2003, n. 203, la Corte Costituzionale, ribadendo quanto già affermato in precedenti decisioni, ha dichiarato infondata una questione legittimità costituzionale (sollevata dal Tribunale di Modena) dell'art. 32 r.d. 1165/38 (Approvazione del testo unico delle disposizioni sull'edilizia popolare ed economica), con riferimento agli art. 3 e 24 della Costituzione. Il giudice rimettente aveva ritenuto che il procedimento previsto dall'art. 32 fosse in contrasto con le citate norme costituzionali in quanto assoggetta gli assegnatari di alloggi di edilizia residenziale pubblica ad una disciplina ingiustificatamente deteriore rispetto agli altri conduttori di locazioni abitative e lede il loro diritto di difesa. Tale norma prevede infatti che gli istituti per le case popolari possono richiedere al giudice di ingiungere, con decreto, all'inquilino moroso di pagare il dovuto entro un certo termine dalla notifica, trascorso il quale si procede allo sfratto e che, contro tale decreto l'inquilino può proporre opposizione, a seguito della quale in casi gravi il giudice può sospendere l'esecuzione. I conduttori comuni, spiega il giudice rimettente, "in caso di morosità, possono essere chiamati in giudizio dal locatore con il procedimento per convalida di sfratto e non sono assoggettati, come gli assegnatari, ad un ordine di sfratto emesso inaudita altera parte; fruiscono di un termine di comparizione non concesso agli assegnatari; possono esercitare il diritto di difesa nella fase speciale del procedimento per convalida opponendosi ad essa personalmente, senza il ministero di un difensore, necessario invece per l'opposizione al decreto di cui alla norma impugnata; possono, a differenza degli assegnatari, proporre opposizione tardiva; possono sanare la morosità, fruendo del <> previsto dall'art. 55 della legge n. 392 del 1978, non concesso agli assegnatari". La Corte Costituzionale, nella motivazione, ha evidenziato che "la peculiarità di disciplina sostanziale delle locazioni di edilizia residenziale pubblica comporta che anche il loro trattamento processuale può essere diverso da quello delle altre locazioni ad uso abitativo. Secondo la norma impugnata questa tutela processuale particolare si attua mediante uno speciale procedimento di natura monitoria, che inizia con il ricorso dell'ente locatore al giudice per ottenere (nei confronti del conduttore di cui sia dimostrata la morosità) un decreto contenente sia l'ingiunzione a pagare entro un certo termine, sia lo sfratto in caso di mancato pagamento, e prosegue con la notifica di tale decreto al conduttore e l'eventuale opposizione di costui. Se, dunque, la previsione di siffatta tutela è di per sé espressione di discrezionalità legislativa, ne discende che è ininfluente, ai fini della proposta questione di legittimità costituzionale, l'enunciazione delle differenze riscontrabili tra questo procedimento e quelli cui possono ricorrere i locatori nelle comuni locazioni abitative (ma anche, in alternativa, come ammette la giurisprudenza, gli stessi enti gestori di edilizia residenziale), ossia il processo di cognizione secondo il rito dell'art. 447-bis cod. proc. civ. e quello per convalida di sfratto".
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