La Corte di Cassazione, con sentenza n. 24828 del 24 novembre 2011 ha negato il riconoscimento del risarcimento del danno ad un lavoratore, per mancata esecuzione dell'accordo sottoscritto con il datore di lavoro, avente ad oggetto il suo inserimento nelle liste di mobilità, per effetto della quale egli non aveva potuto più percepire la relativa indennità di legge. Nella fattispecie la Corte di merito aveva accertato che il licenziamento del lavoratore, risalente al 3/12/2001 e decorrente dal 23/12/2001, era stato impugnato il 6/2/2002, mentre solo in data 16/5/2003 era stato concluso in sede sindacale l'accordo che prevedeva l'impegno del datore di lavoro ad attivare la procedura di mobilità a partire dal luglio del 2003, con reintegra del lavoratore ma con temporanea sospensione della prestazione lavorativa fino alla stipula dell'accordo sulla messa in mobilità del personale dipendente, al cui interno la società si impegnava ad inserire il nominativo del lavoratore; tuttavia, era previsto che quest'ultimo non avrebbe ricevuto alcuna somma, né a titolo retributivo, né a titolo risarcitorio per le mensilità già perdute, salvo un acconto sulle sue future prestazioni lavorative e fermo restando il solo obbligo al versamento dei contributi previsti dalla legge. Il vero motivo della nullità del predetto accordo risiedeva, secondo l'assunto della Corte d'Appello, nella illiceità della causa in quanto diretto ad eludere le norme imperative in materia di mobilità e a realizzare una frode alla legge, per cui lo stesso non poteva essere invocato dal lavoratore per conseguirne i benefici invocati. I giudici di legittimità affermano che l'assunto della Corte territoriale è corretto sul piano logico-giuridico e non è, quindi, suscettibile di alcuna critica; infatti "correttamente la Corte di merito ha rilevato che il diritto al risarcimento del danno, che il ricorrente pretendeva di far discendere dalla mancata percezione dell'indennità di mobilità per fatto imputabile presuntivamente all'inadempimento della controparte, impegnatasi ad attivare in sede transattiva la relativa procedura, non poteva sorgere nella fattispecie, posto che il complesso negoziale attraverso il quale era stato assunto quest'ultimo impegno dalla parte datoriale era palesemente nullo, in quanto diretto ad eludere l'applicazione di norme imperative e a realizzare una frode alla legge".
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