Una dipendente della metro di Roma dovrà essere risarcita del danno subito per il fatto di essere stata esclusa dal posto di lavoro per un motivo a dir poco "bizzarro": troppo bassa. La tirata d'orecchie per la metropolitana di Roma che si era opposta al reintero arriva dalla Corte di Cassazione. La donna si era classificata in posizione utile nella graduatoria del concorso per l'assunzione con contratto di formazione lavoro come 'addetto alla stazione' ma l'assunzione le era stata negata per deficit di statura in quanto alta m. 1.53 contro l'altezza minima di m. 1.55 prevista dal Decreto ministeriale n. 88 del 1999 del ministero dei Trasporti. Ne era scaturita un'accesa battaglia giudiziaria finché la donna era riuscita ad ottenere l'assunzione con un provvedimento della corte d'appello dell'Aquila. La metro però ha deciso di proporre di corso in Cassazione facendo notare di essersi "attenuta alle norme previste dal Decreto ministeriale" e quindi di "non avere disapplicato il regolamento che prevede i requisiti di assunzione, in particolare quello dell'altezza, in relazione alle mansioni rientranti nella qualifica messa a concorso, anche in deroga al D.M.". Bocciando il ricorso la sezione lavoro della Suprema Corte con sentenza n. 234/2012 ha ribadito la legittimità del provvedimento della Corte d'Appello che ha correttamente disposto l'assunzione della donna sulla base del fatto che "non si ravvisano ragioni che giustifichino la necessita' di un'altezza minima, sotto il profilo della sicurezza dell'utenza e degli agenti addetti al servizio di trasporto, ovvero della capacita' ed efficienza nell'espletamento del servizio stesso". È stato dunque corretto il percorso motivazionale dei giudici di merito, spiegano gli ermellini, laddove hanno ritenuto non legittimo il limite minimo di statura. La donna dunque ha diritto all'assunzione e di conseguenza anche al risarcimento del danno.
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