Arriva il via libera dalla Corte di Cassazione al controllo delle mail aziendali. Secondo i giudici di Piazza Cavour infatti si può controllare la posta elettronica del dipendente purché i controlli siano finalizzati a trovare riscontri a comportamenti illeciti del dipendente. Sulla scorta di tale principio la corte ha convalidato il licenziamento per giusta causa irrogato a un dirigente bancario che aveva divulgato tramite posta elettronica ad estranei notizie riservate relative a un cliente. Grazie a tali notizie aveva posto in essere operazioni finanziarie da cui aveva tratto vantaggi personali. L'istituto di credito aveva eseguito controlli sulle e-mail del dirigente e ne era seguito il licenziamento. Secondo la Cassazione questi controlli non ledono la dignità e la riservatezza del lavoratore ma attenzione: non sono ammessi tutti i tipi di controllo. Vanno esclusi, spiega la Corte, i controlli per verificare "l'esatto adempimento delle obbligazioni discendenti dal rapporto di lavoro". Insomma si possono solo eseguire controlli destinati "ad assertare un comportamento che pone in pericolo l'immagine" dell'azienda presso terzi. Il dirigente ha tentato di difendersi in Cassazione sostenendo che quel controllo effettuato dal datore di lavoro era contrario allo statuto dei lavoratori e all'articolo 114 del decreto legislativo 196 del 2003 in materia di salvaguardia dei dati personali. La sezione lavoro della Corte, con sentenza numero 2722/2012 ha però respinto questa tesi difensiva e ha osservato che nel caso in questione "il datore di lavoro ha posto in essere una attivita' di controllo sulle strutture informatiche aziendali che prescindeva dalla pura e semplice sorveglianza sull'esecuzione della prestazione lavorativa degli addetti, ed era, invece, diretta ad accertare la perpetrazione di eventuali comportamenti illeciti poi effettivamente riscontrati". Secondo Piazza Cavour si è trattato di un controllo "difensivo" che non riguardava l'adempimento delle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro "ma era destinato ad accertare un comportamento che poneva in pericolo l'immagine dell'istituto bancario". In linea generale la possibilità di effettuare questi controlli "si ferma davanti al diritto alla riservatezza del dipendente al punto che la pur insopprimibile esigenza di evitare condotte illecite da parte dei dipendenti non puo' assumere portata tale da giustificare un sostanziale annullamento di ogni forma di garanzia della dignita' e riservatezza del lavoratore".
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