La gravità di parole offensive dipende anche da chi le ha pronunciate. Secondo la Corte di cassazione infatti se le offese arrivano da una persona di cultura elevata, diventano senza dubbio intollerabili. La suprema Corte in particolare fa notare che "in presenza di espressioni socialmente denigratorie, specie se formulate da persone di elevato livello culturale, deve ritenersi che l'agente sia pienamente consapevole della portata offensiva delle stesse e nessuna particolare indagine appare necessaria per accertare, in assenza di concreti elementi di segno contrario, la mancanza della consapevolezza di tale offensivita' e della intenzionalita' della condotta". Il chiarimento arriva dalla quinta sezione penale della Corte (sentenza n.11660 /2012)che ha confermato una condanna per diffamazione inflitta a un medico che aveva inoltrato una e-mail a ben 2500 persone nella quale comunicava che un suo collega "non operava piu' nello studio medico da lui guidato in quanto lo stesso era stato allontanato per non dequalificare lo studio e perche' si voleva salvaguardare la qualita' delle prestazioni professionali che lo studio poteva offrire". Il caso finiva in tribunale dove il medico veniva condannato ai sensi dell'articolo 595 del codice penale. La condanna veniva confermata anche dalla Corte d'Appello e il medico proponeva quindi ricorso in Cassazione per cercare di dimostrare che la sua e-mail non aveva alcun intento denigratorio ma era rivolta solo a dare notizia ai pazienti del fatto che un medico non era più operativo nel suo studio. Nel respingere il ricorso la Corte ha evidenziato che certe espressioni, socialmente denigratorie, un laureato non se ne può permettere Insomma: niente scuse per chi ha un "elevato livello culturale".
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