Quando il giudice, nonostante la richiesta della parte, non ha voluto nominare un consulente d'ufficio, la mancata nomina può essere censurata in Cassazione sotto il profilo della omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia. È quanto afferma la sesta sezione civile della Corte (sentenza n. 5264/2012) facendo notare però che ciò è possibile solo nel caso in cui la consulenza sia l'unico possibile mezzo di accertamento di un fatto determinante per la decisione. Secondo i giudici di Piazza Cavour è anche necessario che sussistano i presupposti per disporre la consulenza tecnica d'ufficio e che l'esito dell'accertamento peritale sia idoneo ad incidere sulla risoluzione della controversia. Ricordiamo che la possibilità per il giudice di richiedere l'intervento di un esperto e disciplinata dall'articolo 61 del codice di procedura civile. In base a tale norma "quando è necessario, il giudice può farsi assistere, per il compimento di singoli atti o per tutto il processo, da uno o più consulenti di particolare competenza tecnica". In precedenza la stessa Cassazione (sez. lav. sentenza n. 9379/2010) aveva stabilito, richiaamando a sua volta altri precedenti giurisprudenziali, che "il giudizio sulla necessità o utilità di fare ricorso alla consulenza tecnica d'ufficio rientra nel potere discrezionale del giudice del merito e, se adeguatamente motivato in relazione al punto di merito da decidere, non può essere sindacato in sede di giudizio di legittimità; con la ulteriore precisazione che la motivazione, sia in ordine alla ammissione della consulenza che al diniego della stessa, può anche essere implicitamente desumibile dal complesso delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio unitariamente considerato, effettuate dal suddetto giudice".
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