La vicenda processuale ha avuto inizio con il ricorso di un condomino che aveva impugnato una delibera assembleare con la quale gli era stata negata l'autorizzazione ad installare insegne pubblicitarie sugli architravi perimetrali dell'edificio.
Il Giudice di pace, aveva accolto la domanda del condomino e annullato in parte la delibera impugnata abilitandolo così ad effettuare tale installazione.
L'amministratore che era stato parte del giudizio di primo grado aveva deciso di fare acquiescenza alla sentenza e quindi di non proporre impugnazione ma uno dei condomini aveva da solo proposto appello.
Il tribunale però dichiarava inammissibile l'appello sostenendo che il singolo condomino non avesse la legittimazione ad impugnare non essendo stato parte del giudizio di primo piano.
Secondo il Tribunale, non essendo in discussione l'esistenza del diritto del condominio all'uso del bene comune ma solo le modalità di utilizzo dello stesso, la legittimazione ad agire e quindi ad impugnare sarebbe stata solo dell'amministratore.
Di diverso avviso la Corte di Cassazione.
Il tribunale investito dell'appello - si legge nella sentenza - ha errato nel ritenere che la legittimazione ad impugnare spettasse solo l'amministratore per essere la causa relativa alla gestione di un servizio comune.
Essendo in discussione diritti e facoltà connessi al diritto di comproprietà dei condomini sulla parte comune il Tribunale avrebbe dovuto riconoscere la legittimazione ad appellare del singolo condomino, in luogo dell'amministratore che era stato parte nel giudizio di primo grado, e ciò in base al principio secondo cui nel condominio
di edifici, che costituisce un ente di gestione, l'esistenza dell'organo rappresentativo unitario non priva di singoli condomini del potere di agire in difesa dei diritti connessi alla loro partecipazione, né quindi del potere di avvalersi dei mezzi di impugnazione per evitare gli effetti sfavorevoli della sentenza pronunciata nei confronti dell'amministratore stesso che vi abbia fatto acquiescenza.