La corte di cassazione non ha alcun potere di riesaminare le valutazioni compiute dalla corte d'appello in merito al nesso di causalità. E quanto ricordano i giudici di piazza Cavour (sentenza n. 6260/2012) occupamdosi di una domanda di risarcimento danni asseritamente derivati dall'uso di un farmaco. La società farmaceutica convenuta aveva introdotto nel mercato un farmaco ritenuto pericoloso ma nel corso del giudizio di merito non era stata dimostrata la sussistenza del nesso di causalità. Di certo, spiega la Corte, non può essere censurata in Cassazione la valutazione sul nesso di causalità. Secondo la ricorrente la sentenza impugnata avrebbe recepito acriticamente le risultanze della c.t.u. senza tenere in considerazione la copiosa documentazione medica prodotta nel giudizio a dimostrazione della pericolosità del farmaco. I giudici d'appello, a suo dire, non avrebbero adeguatamente motivato le ragioni ch eli hanno indotti a disattendere autorevoli pareri specialistici prodotti dall'attrice che prospettavano soluzioni diametralmente opposte rispetto a quelle contenute nella c.t.u. in ordine al nesso causale tra l'assunzione del farmaco e i disturbi manifestati in concomitanza con la sua assunzione. Secondo la corte di cassazione non c'è nessun errore nella sentenza impugnata che al contrario ha individuato (per poi escluderlo) il punto focale della vicenda nell'accertamento del nesso causale tra l'assunzione del farmaco (contenente come principio attivo il cianidadolo) e l'insorgere di una gastrite acuta emorragica. La Cassazione ricorda che nel giudizio di legittimità non è ammessa la rivisitazione di fatti e circostanze accertati in sede di merito. Insomma non si tratta di un vizio della sentenza rilevante sotto il profilo di cui all'articolo 360 numero 5. Deve valere dunque il consolidato principio di diritto secondo cui l'articolo 360 numero 5 non conferisce alla cassazione il potere di riesaminare il merito della causa consentendo solo il controllo, sotto il profilo logico formale e della conformità al diritto, delle valutazioni compiute dal giudice d'appello a cui soltanto spetta l'individuazione delle fonti del proprio convincimento valutando le prove, la loro valenza e controllandone la logica attendibilità e la giuridica fondatezza.
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