QUANDO LA FORMULA "SOMMA MAGGIORE O MINORE RITENUTA DOVUTA" DIVENTA UNA BUCCIA DI BANANA - La formula tralatizia "somma maggiore o minore ritenuta dovuta" o similare in talune ipotesi è sconsigliabile. Prendiamo a paradigma la pronuncia della Corte di Cassazione Civile - Sezione Seconda (Presidente Dott. Luigi Antonio ROVELLI - Estensore Dott. Emilio MIGLIUCCI), del 16 marzo 2010, n. 6350. La parte resistente, in sede di ricorso incidentale, lamentava che la Corte di Appello di Torino non aveva riconosciuto il maggior importo dei lavori extra-contratto accertato in corso di giudizio a mezzo CTU, quantunque la parte stessa, sin dagli albori della causa, in sede di comparsa di costituzione, avesse domandato il pagamento delle maggiori opere (scarico fognario), realizzate dall'imprenditore edile e non pagate, o di quell'altro maggiore o minore che dovesse risultare in corso di giudizio. La Corte d'Appello sabauda aveva divisato che si trattasse di una formula di stile, priva di contenuto concreto. Perché mai?! La risposta viene dalla Corte Suprema di Cassazione ed è bene stamparsela in mente. Orbene, la formula "somma maggiore o minore ritenuta dovuta" o altra equivalente, che accompagna le conclusioni con cui una parte chiede la condanna al pagamento di un certo importo non può considerarsi di per sè una clausola meramente di stile quando vi sia la ragionevole incertezza sull'ammontare del danno da liquidarsi in concreto, di guisa che l'uso di tale formula ha lo scopo di consentire al giudice di provvedere alla giusta liquidazione del danno senza essere vincolato all'ammontare della somma che venga indicata, in via esclusiva, nelle conclusioni. Tale principio non può, invece, operare nel caso in cui, come nella specie, l'ammontare dell'importo preteso sia risultato - all'esito della istruttoria compiuta nel corso del giudizio (espletamento della consulenza tecnica d'ufficio) - maggiore di quello originariamente chiesto e la parte, nelle conclusioni definitive, si sia limitata a riportarsi a quelle rassegnate con la comparsa di risposta in cui si era chiesto l'importo indicato in fattura o "quell'altro maggiore o minore che dovesse risultare in causa": la mancata indicazione del maggiore importo accertato dal consulente in corso di causa e il mero richiamo invece delle richieste originariamente formulate con la comparsa di costituzione evidenziano come la locuzione in questa contenuta era da considerarsi - come correttamente ritenuto dalla sentenza impugnata - meramente di stile, perchè era priva di alcun riferimento al caso concreto, cioè alle vicende del processo, e non poteva essere giustificata da una ragionevole incertezza in ordine all'ammontare delle somme dovute.
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Civilista e penalista, dedito in particolare
alla materia della responsabilità civile
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