La pronuncia in esame conferma l'orientamento giurisprudenziale che ha rivisto, nel senso di un suo temperamento, il principio secondo il quale è inammissibile l'integrazione postuma della motivazione del provvedimento in giudizio. In particolare il Consiglio di Stato individua il fondamento normativo di tale posizione nel comma 2 dell'art. 21 octies della legge n. 241 del 1990 che ha determinato la dequotazione dei vizi di forma e procedimentali. A tal proposito il massimo organo della giurisdizione amministrativa richiama una propria precedente pronuncia (sent. CdS, sez. VI, n. 1241 del 03.03.2010) nella quale, ribadito l'obbligo di motivazione quale presidio essenziale del diritto di difesa, il Supremo Collegio aveva chiarito che non poteva ritenersi sussistente il vizio di motivazione nell'ipotesi in cui le motivazioni del provvedimento amministrativo fossero chiaramente intuibili sulla base della parte dispositiva del provvedimento impugnato. Proseguendo su tale filone interpretativo il Consiglio di Stato, nella recente decisione, conferma la dequotazione del vizio di motivazione in tutte le ipotesi in cui l'omessa indicazione delle ragioni di fatto e di diritto della determinazione amministrativa non abbia leso il diritto di difesa del soggetto interessato e, comunque, quando in fase infraprocedimenatale fossero state percepibili le ragioni alla base del provvedimento poi oggetto di gravame.
Cultore della materia in diritto amministrativo Università di Ferrara
Specializzato nelle professioni legali
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