No, non si scandalizzino gli animalisti, non si tratta di tassare in alcun modo i cari asinelli (tanto hanno già pensato di farlo con i cani), bensì di rivedere la spesa che comportano tutti gli studenti universitari fuori corso. La SR come già accennato riserva un intero capitolo alla voce istruzione, nota dolente per tutti: dolente economicamente per lo Stato e dolente qualitativamente per noi fruitori. E il sistema universitario non ne viene fuori in maniera illesa: tagli ai finanziamenti agli atenei privati e tagli di personale docente e non. A fronte di queste limitazioni ed epurazioni saranno però stanziati 90 milioni per aiutare il diritto allo studio; da questi bei soldini saranno però lasciati fuori tutti gli studenti "asini", appunto. Tradotto concretamente gli atenei attualmente hanno diritto a ricevere finanziamenti dalle tasse universitarie non superiori al 20% della cifra che già ricevono dal fondo di funzionamento ordinario, gestito dal Miur. La spending ha rivisto le voci che contribuiscono a creare questo 20%, escludendo i fuori corso e gli extracomunitari, spingendo molto probabilmente le università ad aumentare le tasse di questi ultimi per far riquadrare i bilanci. Questo taglio viene anche giustificato con il benefico intento di invogliare i fuori corso a laurearsi prima, un deterrente che aiuterà gli studenti "sfigati" (citazione da Michele Martone, ndr) e "bamboccioni" (urticante termine abusatissimo, lo so) e che forse "farà in modo che imparino a non perdere tempo", come il ministro Francesco Profumo insegna. Profumo però, ci tiene a precisarlo, non vuole assolutissimamente punire nessuno ma solo "valorizzare le capacità delle persone". E perché no, aiutare anche chi è destinato ad essere fuori corso perché studente-lavoratore, introducendo la possibilità di formule "part-time" con cui si possano diluire e dilatare i tempi necessari a laurearsi. Formula che pare avesse già applicato in maniera personalizzata un mio ex-compagno di corso, che dopo sette anni di studio poteva vantare un 40% di esami dati e che comunque non aveva intenzione alcuna di mollare. I dati divulgati fanno spavento realmente: su 1.781.786 iscrizioni per l'anno accademico 2010-11 ben 598.512 erano di studenti fuori corso. Cifra che fa impressione ancor di più quando tradotta in percentuale, ossia il 33,59% di tiratardi. Uno sproposito che ci mette veramente in coda nella classifica dei paesi con più laureati; nella fascia di età tra i 25-34 anni siamo a quota 20% contro il 45 del Regno Unito, ed andando in crescendo con l'età le cose non migliorano affatto (10% di laureati tra i 55-64 anni, contro il 29 dei britannici). Speriamo allora che la nostra SR ci diventi più simpatica perché in concreto aiuterà ad accelerare i tempi di laurea per molti giovani. Anche se poi ci si domanda, che faranno dopo la laurea? Se la crisi fa aumentare quotidianamente il tasso di disoccupazione (e qui si parla di Europa intera) quali sbocchi avranno? Allora lecito pensare che per molti questo parcheggio sia molto meglio del baratro che li aspetta dopo. Asini forse, volpi certamente!
Vedi anche: I contenuti della spending review 2012
barbaralgsordi@gmail.it
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