PENSIERI DIETRO GLI OCCHIALI DA SOLE (pensieri semiseri sotto il solleone)
Per par condicio mi sembra giusto dopo aver preso le parti dei papà separati, dedicarmi anche ad un argomento che mi sta particolarmente a cuore: le mamme lavoratrici. Una categoria di cui spesso si parla per vari motivi, ma di cui realmente si può conoscere la condizione solo...diventandolo. Io stessa per anni vedevo le colleghe diventate mamme trasformarsi in aliene e zombie, il cui unico pensiero non erano più capi e scadenze lavorative ma notti in bianco e poppate interminabili. Poi ti trasformi anche tu in quello stesso zombie (beh, dicono che le gravidanze sul posto di lavoro siano veramente contagiose) e inizi a comprendere le occhiaie, le risposte secche e asettiche, il tacco che improvvisamente si trasforma in una piattaforma. E soprattutto a capire quanto sia difficile poter coniugare lavoro (non parlo certo di carriera, quella te la scordi in automatico già al test di gravidanza positivo) e maternità, nel nostro paese ovviamente.
Nel mentre il capo inizia a mostrare perplessità sulle nostre capacità professionali, sulla possibilità di mantenere lucidità e freddezza e non potendo tutte emigrare, che so in Germania, ecco che il tracollo sopravviene leggendo di super-donne che tutto possono. All'estero e non qui, ovvio. E allora via con l'autolesionismo nell'apprendere che una giovane brillante manager, Merissa Meyer, è stata appena assunta con un contratto milionario da Yahoo! -già su questo punto si soffre-, pur con un pancione di ben sette mesi -e qui la stilettata è durissima da reggere. Per carità, avviene negli Stati Uniti, dove tutti hanno diritto ad un sogno; ma siccome da sempre noi siamo filo-statunitensi perché non ci possiamo adeguare ai loro standard lavorativi femminili, e non solo a fast-food e tv spazzatura? Anche se ben sappiamo che poi non è tutto oro quello che luccica, visto che in fatto di diritti per i lavoratori, forse, noi siamo messi meglio.
In fondo qualche piccolo passo si sta facendo per tutelare le mamme lavoratrici anche in Italia, è innegabile, però da qui a considerarci un paese aperto e all'avanguardia ce ne vuole. Indubbiamente la tanto contestata Riforma del lavoro Monti-Fornero (inclusa la modifica dell'art. 18) alle donne è servita, per poter evitare ad esempio il triste rito della firma (pre-assunzione) di una lettera di dimissioni, utilizzabile in caso di gravidanza. Il fatto è che però protegge solo chi ha un lavoro a tempo indeterminato e preferibilmente in una grande azienda; in tutti gli altri casi (che sono milioni, non centinaia) la donna si deve adeguare o avere auspicabilmente un "piano b" da mettere in atto. Perché difficilmente il contratto sarà rinnovato, una volta esaurito il periodo residuo post-congedo obbligatorio.
E hai voglia a far ricorso tramite avvocati o sindacati, è lecito lasciare a casa chiunque nel momento in cui il rapporto contrattuale si esaurisce, nessuna eccezione per le mamme. Sarebbe invece opportuno pensare di estendere i contratti oppure di aumentare l'Irpef e i contributi per quelle società che non rinnovano il contratto alle neo-mamme, qualora non siano state loro stesse a rinunciarvi. Oppure obbligare le aziende a prevedere una percentuale di lavoro da poter svolgere tranquillamente da casa, con obbligo di presenza fisica in sede non più di due volte a settimana. Sarebbe meraviglioso, almeno per quelle con lavori adatti a tale flessibilità; comunque sia sarebbe un passo in avanti. O ancora creare voucher per le mamme, spendibili per nidi o baby-sitting, un vero e proprio sistema di ticket, finanziato con una piccola parte dei contributi versati dalle lavoratrici stesse. Ma temo mai fattibile, se non altro fintanto che tutto ciò che si può grattare dai contributi vada dritto dritto nel gran calderone, senza fondo, del sistema previdenziale.
Guardiamoci in faccia: inutile sperare in un sistema riformista e illuminato. Che magari crei nidi e scuole materne in ogni angolo delle città, fruibili ed accessibili al bisogno, oppure obblighi le imprese (almeno quelle grandi) a creare uno spazio baby al loro interno. Perché è vero che c'è crisi ma un modo per combatterla potrebbe essere la rivalutazione del lavoro di chi genera futuri cittadini, perché è indubbio che siamo proprio noi donne a far girare l'economia. Beh, perlomeno quella micro, quella che più langue in questo momento.
Non male, invece della Spending review ecco la Spending di più.
barbaralgsordi@gmail.it
Per par condicio mi sembra giusto dopo aver preso le parti dei papà separati, dedicarmi anche ad un argomento che mi sta particolarmente a cuore: le mamme lavoratrici. Una categoria di cui spesso si parla per vari motivi, ma di cui realmente si può conoscere la condizione solo...diventandolo. Io stessa per anni vedevo le colleghe diventate mamme trasformarsi in aliene e zombie, il cui unico pensiero non erano più capi e scadenze lavorative ma notti in bianco e poppate interminabili. Poi ti trasformi anche tu in quello stesso zombie (beh, dicono che le gravidanze sul posto di lavoro siano veramente contagiose) e inizi a comprendere le occhiaie, le risposte secche e asettiche, il tacco che improvvisamente si trasforma in una piattaforma. E soprattutto a capire quanto sia difficile poter coniugare lavoro (non parlo certo di carriera, quella te la scordi in automatico già al test di gravidanza positivo) e maternità, nel nostro paese ovviamente.
Nel mentre il capo inizia a mostrare perplessità sulle nostre capacità professionali, sulla possibilità di mantenere lucidità e freddezza e non potendo tutte emigrare, che so in Germania, ecco che il tracollo sopravviene leggendo di super-donne che tutto possono. All'estero e non qui, ovvio. E allora via con l'autolesionismo nell'apprendere che una giovane brillante manager, Merissa Meyer, è stata appena assunta con un contratto milionario da Yahoo! -già su questo punto si soffre-, pur con un pancione di ben sette mesi -e qui la stilettata è durissima da reggere. Per carità, avviene negli Stati Uniti, dove tutti hanno diritto ad un sogno; ma siccome da sempre noi siamo filo-statunitensi perché non ci possiamo adeguare ai loro standard lavorativi femminili, e non solo a fast-food e tv spazzatura? Anche se ben sappiamo che poi non è tutto oro quello che luccica, visto che in fatto di diritti per i lavoratori, forse, noi siamo messi meglio.
In fondo qualche piccolo passo si sta facendo per tutelare le mamme lavoratrici anche in Italia, è innegabile, però da qui a considerarci un paese aperto e all'avanguardia ce ne vuole. Indubbiamente la tanto contestata Riforma del lavoro Monti-Fornero (inclusa la modifica dell'art. 18) alle donne è servita, per poter evitare ad esempio il triste rito della firma (pre-assunzione) di una lettera di dimissioni, utilizzabile in caso di gravidanza. Il fatto è che però protegge solo chi ha un lavoro a tempo indeterminato e preferibilmente in una grande azienda; in tutti gli altri casi (che sono milioni, non centinaia) la donna si deve adeguare o avere auspicabilmente un "piano b" da mettere in atto. Perché difficilmente il contratto sarà rinnovato, una volta esaurito il periodo residuo post-congedo obbligatorio.
E hai voglia a far ricorso tramite avvocati o sindacati, è lecito lasciare a casa chiunque nel momento in cui il rapporto contrattuale si esaurisce, nessuna eccezione per le mamme. Sarebbe invece opportuno pensare di estendere i contratti oppure di aumentare l'Irpef e i contributi per quelle società che non rinnovano il contratto alle neo-mamme, qualora non siano state loro stesse a rinunciarvi. Oppure obbligare le aziende a prevedere una percentuale di lavoro da poter svolgere tranquillamente da casa, con obbligo di presenza fisica in sede non più di due volte a settimana. Sarebbe meraviglioso, almeno per quelle con lavori adatti a tale flessibilità; comunque sia sarebbe un passo in avanti. O ancora creare voucher per le mamme, spendibili per nidi o baby-sitting, un vero e proprio sistema di ticket, finanziato con una piccola parte dei contributi versati dalle lavoratrici stesse. Ma temo mai fattibile, se non altro fintanto che tutto ciò che si può grattare dai contributi vada dritto dritto nel gran calderone, senza fondo, del sistema previdenziale.
Guardiamoci in faccia: inutile sperare in un sistema riformista e illuminato. Che magari crei nidi e scuole materne in ogni angolo delle città, fruibili ed accessibili al bisogno, oppure obblighi le imprese (almeno quelle grandi) a creare uno spazio baby al loro interno. Perché è vero che c'è crisi ma un modo per combatterla potrebbe essere la rivalutazione del lavoro di chi genera futuri cittadini, perché è indubbio che siamo proprio noi donne a far girare l'economia. Beh, perlomeno quella micro, quella che più langue in questo momento.
Non male, invece della Spending review ecco la Spending di più.
barbaralgsordi@gmail.it
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