La Corte di Cassazione, con sentenza n. 14610 del 23 agosto 2012, torna a decidere ancora una volta in materia di addebito della separazione. La vicenda presa in esame dai giudici di Piazza Cavour questa volta riguarda due contrapposte richieste di addebito. Lui, secondo la moglie, era un'impenitente traditore e tale si era dimostrato sin dai primi anni del matrimonio e per questo sarebbe stata sua la colpa del crac familiare. Lei, però, faceva notare il marito aveva l'abitudine di allontanarsi ripetutamente dalla casa coniugale per andare a vivere dalla madre. La sorella del coniuge traditore, aveva anche dichiarato che gli allontanamenti da parte della moglie dalla casa coniugale erano iniziati prima che le fossero riferite le "scappatelle" del marito. Altri testimoni avevano poi riferito che la donna si era allontanata per problemi legati alla casa, tra cui alcuni difetti del sistema di riscaldamento, e quindi non c'era alcuna ragione legata alle infedeltà del marito che oltretutto aveva chiesto per primo la separazione. Più in generale era emerso che il matrimonio fin dall'inizio era caratterizzato da separazioni di fatto della coppia e da successivi riavvicinamenti, avendo vissuto i coniugi solo per poco tempo "una vera vita matrimoniale sotto lo stesso tetto". I giudici sono arrivati alla conclusione che, non essendoci la necessaria prova della sussistenza del nesso causale tra i comportamenti addebitati ed il fallimento del matrimonio, "non può affermarsi che il comportamento dell'uno o dell'altro dei coniugi abbia determinato l'intollerabilità della convivenza." La separazione dunque non può essere addebitata a nessuno dei due non essendo possibile stabilire (nel caso di specie) se la crisi della coppia sia dovuta al tradimento o se siano stati proprio gli allontanamenti della moglie a provocare l'infedeltà del marito dato che, sottolinea la Corte, il comportamento della donna è contrario al dovere coniugale di coabitazione.
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