Un professionista non può richiedere un adeguamento dell'onorario dopo che il preventivo è già stato effettuato, a meno che la richiesta di incremento non sia immediata. È quanto stabilito dalla seconda sezione civile della Cassazione con la sentenza numero 15628 del 18 settembre 2012, che ha respinto la richiesta di un architetto che, pur avendo già concordato con il proprio cliente un compenso forfetario per la ristrutturazione di un immobile, pretendeva dei compensi ulteriori.
Ultimati i lavori, l'architetto aveva richiesto un adeguamento del compenso pattuito, adducendo che nel corso dei lavori si era visto costretto a compiere ulteriori attività rispetto a quelle previste inizialmente, e che avevano reso non più adeguato l'onorario inizialmente stabilito.
La domanda dell'architetto era stata respinta già dai giudici di merito. Inutile il ricorso in cassazione dell'architetto: la Corte ha respinto la domanda, dichiarando che il professionista avrebbe dovuto render noto da subito l'eventuale incremento delle prestazioni effettuate rispetto a quelle previste. Nella parte motiva della sentenza peraltro gli Ermellini hanno rimarcato che "Il comportamento del professionista che avesse svolto prestazioni ulteriori rispetto a quelle pattuite, con la riserva mentale di chiedere un compenso aggiuntivo è contrario a buona fede".
La Corte fa anche notare che, come emerge dagli atti di causa, le parti a seguito di trattativa avevano determinato un compenso forfettario onnicomprensivo. Un eventuale incremento delle prestazioni effettuate dunque, con conseguente sopravvenuta inadeguatezza compenso, "avrebbe dovuto essere palesato immediatamente da professionista cliente".
Vai al testo della sentenza 15628/2012
Ultimati i lavori, l'architetto aveva richiesto un adeguamento del compenso pattuito, adducendo che nel corso dei lavori si era visto costretto a compiere ulteriori attività rispetto a quelle previste inizialmente, e che avevano reso non più adeguato l'onorario inizialmente stabilito.
La domanda dell'architetto era stata respinta già dai giudici di merito. Inutile il ricorso in cassazione dell'architetto: la Corte ha respinto la domanda, dichiarando che il professionista avrebbe dovuto render noto da subito l'eventuale incremento delle prestazioni effettuate rispetto a quelle previste. Nella parte motiva della sentenza peraltro gli Ermellini hanno rimarcato che "Il comportamento del professionista che avesse svolto prestazioni ulteriori rispetto a quelle pattuite, con la riserva mentale di chiedere un compenso aggiuntivo è contrario a buona fede".
La Corte fa anche notare che, come emerge dagli atti di causa, le parti a seguito di trattativa avevano determinato un compenso forfettario onnicomprensivo. Un eventuale incremento delle prestazioni effettuate dunque, con conseguente sopravvenuta inadeguatezza compenso, "avrebbe dovuto essere palesato immediatamente da professionista cliente".
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