Secondo il D.Lgs. n. 151 del 2001," il diritto del lavoratore a tre giorni mensili di permesso retribuito per assistere il figlio minore convivente con handicap grave spetterebbe solo se l'altro genitore convivente non lavoratore sia impossibilitato a provvedere a tale assistenza".
Di contro, già il legislatore con la L. 5 febbraio 1992 n. 104 aveva specificato che ci sono agevolazioni per i lavoratori che assistono soggetti portatori di handicap ed in particolare che "Successivamente al compimento del terzo anno di vita del bambino, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, anche adottivi, di minore con handicap in situazione di gravità, nonché colui che assiste una persona con handicap in situazione di gravità parente o affine entro il terzo grado, convivente, hanno diritto a tre giorni di permesso mensile, ... fruibili anche in maniera continuativa a condizione che la persona con handicap in situazione di gravità non sia ricoverata a tempo pieno"'.
Inoltre, lo stesso D.Lgs. n. 151 del 2001 su citato specifica all'art. 42 che i permessi mensili a favore del genitore di portatore di handicap "spettano anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto".
Tali agevolazioni sono dirette essenzialmente ad evitare che il bambino handicappato resti privo di assistenza, di modo che possa risultare compromessa la sua tutela psico-fisica e la sua integrazione nella famiglia e nella collettività, così confermandosi che, in generale, il destinatario della tutela realizzata mediante le agevolazioni previste dalla legge non è il nucleo familiare
Un'adeguata tutela del figlio handicappato esige che all'assistenza continua da parte del genitore non lavoratore si aggiunga anche l'assistenza del genitore lavoratore per i tre giorni di permessi mensili previsti dalla legge, ciò non solo perché l'handicappato ha bisogno dell'affetto anche da parte del padre lavoratore, ma anche perché sussiste tipicamente una ovvia esigenza di avvicendamento e affiancamento, almeno per quei tre giorni mensili, del genitore non lavoratore.
Per questi motivi la Suprema Corte accoglie il ricorso e annulla la precedente sentenza e rinvia alla stessa Corte d'Appello in diversa composizione.