Nel caso di specie, gli eredi di un lavoratore portuale, deceduto per mesotelioma pleurico, avevano chiesto che fosse dichiarata sia l'origine professionale della malattia, per l'esposizione all'inalazione di fibre di amianto, sia la responsabilità dell'Autorità Portuale e dell'armatore che aveva trasportato amianto con la conseguente condanna degli stessi al risarcimento, iure hereditario, del danno morale, esistenziale e biologico nelle misure indicate o in quelle diverse di giustizia.
Gli eredi avevano ricevuto come risarcimento una cifra per loro irrisoria come compensazione del danno subito: la morte del padre.
La Cassazione ha nel suo verdetto ha ribadito l'esistenza della trasmissibilità agli eredi anche del diritto al risarcimento del danno non patrimoniale da lesione dell'integrità fisica che abbia poi portato alla morte e la responsabilità dell'Autorità portuale per non aver preso precauzioni atte a proteggere la vita del lavoratore, in quanto all'epoca era conosciuta la pericolosità dell'esposizione all'amianto.
Già in precedenza, ricorda la Corte, la giurisprudenza di legittimità aveva affermato che anche se dal 2011 è previsto un Fondo per le vittime dell'amianto, le erogazioni previste da esso sono meramente aggiuntive rispetto a quelle del sistema risarcitorio previgente e "non possono escludere alcuno degli altri diritti stabiliti dall'ordinamento per i medesimi soggetti" e che "non si potrà opporre alcuna compensazione né calcolo differenziale tra le prestazioni erogate dal Fondo e il diritto al risarcimento dei danni spettanti alle stesse vittime".
Nella parte motiva della sentenza la Corte ricorda che bisogna tenere conto del danno da "sofferenza psichica e morale subita dal danneggiato che ha avuto riguardo alla consapevolezza dell'esito letale della patologia contratta all'interno del danno non patrimoniale (biologico e morale)".
Per questi motivi rinvia alla Corte di Appello che su tale principio dovrà emettere una decisione.