La Corte di Cassazione, con sentenza n. 18469 del 26 ottobre 2012, ha chiarito che al lavoratore, vittima di infortunio a causa dell'omessa informazione dettagliata dei pericoli e della redazione di un piano di sicurezza da parte del datore di lavoro, spetta il risarcimento del danno ottenuto dalla differenza tra quanto versato dall'Inail a titolo di indennizzo per infortunio sul lavoro o malattia professionale, e quanto è possibile richiedere al datore di lavoro a titolo di risarcimento del danno in sede civilistica.
La Suprema Corte ha evidenziato come, nel caso di specie, la Corte d'Appello ha correttamente riconosciuto al lavoratore il diritto al risarcimento del danno costituito dalla differenza tra l'indennizzo liquidato dall'Inail ai sensi dell'art. 13 del dlgs n 38/2000 ed il risarcimento previsto in applicazione delle tabelle in uso nel Tribunale di Milano (v. calcolo danno biologico sulla base delle tabelle di Milano) determinato secondo i principi ed i criteri di cui agli artt. 1223 e seg., 2056 e seg. essenzialmente equitativi, rilevando in particolare che "l'Inail corrisponde ex art. 13 dlgs n 38/2000 non un risarcimento ma un'indennità e ciò in attesa della definizione di carattere generale di danno biologico e dei criteri per la determinazione del relativo risarcimento ...in via sperimentale, assumendo quale riferimento la lesione dell'integrità psicofisica, suscettibile di valutazione medico legale".
La Corte di merito ha sottolineato poi che "non si tratta quindi di un risarcimento parametrato alla effettiva perdita ed inoltre le conseguenze sono considerate per una sola componente, la lesione dell'integrità psicofisica, senza considerare le altre voci di danno esistenziale e alla vita di relazione".
La società ricorrente - precisano i giudici di legittimità - non ha formulato specifiche censure alle affermazioni della Corte d'Appello, né con riferimento alla diversa natura dell'indennizzo liquidato dall'Inail, rispetto al risarcimento chiesto dal lavoratore al suo datore di lavoro né con riferimento alla affermata diversità delle voci di danno coperte dall'indennizzo dell'Istituto assicuratore rispetto a quelle risarcite ed alla conseguente insussistenza di una duplicazione delle medesime voci di danno.
La censura formulata dalla ricorrente - si legge nella sentenza - appare del tutto generica. "La Corte d'Appello si è invece attenuta a principi che appaiono condivisibili là ove ha sottolineato le considerevoli e strutturali diversità tra l'indennizzo erogato dall'Inail all'assicurato ed il risarcimento di cui è causa che attiene al diverso rapporto tra il lavoratore ed il suo datore di lavoro. Il primo, determinato dalla legge in misura forfettaria e predeterminata dovuto prescindendo dall'individuazione del responsabile, assolve ad una funzione sociale ed è finalizzato a garantire mezzi adeguati alle esigenze di vita del lavoratore secondo quanto previsto dall'art. 38 Cost.".
Quanto al pericolo di duplicazione dei risarcimenti gli Ermellini precisano che la Corte d'Appello ha evidenziato che la liquidazione dell'INAIL è limitala alla lesione dell'integrità psicofisica senza considerare le altre voci di danno esistenziale, alla vita di relazione e al danno morale.
La Suprema Corte ha evidenziato come, nel caso di specie, la Corte d'Appello ha correttamente riconosciuto al lavoratore il diritto al risarcimento del danno costituito dalla differenza tra l'indennizzo liquidato dall'Inail ai sensi dell'art. 13 del dlgs n 38/2000 ed il risarcimento previsto in applicazione delle tabelle in uso nel Tribunale di Milano (v. calcolo danno biologico sulla base delle tabelle di Milano) determinato secondo i principi ed i criteri di cui agli artt. 1223 e seg., 2056 e seg. essenzialmente equitativi, rilevando in particolare che "l'Inail corrisponde ex art. 13 dlgs n 38/2000 non un risarcimento ma un'indennità e ciò in attesa della definizione di carattere generale di danno biologico e dei criteri per la determinazione del relativo risarcimento ...in via sperimentale, assumendo quale riferimento la lesione dell'integrità psicofisica, suscettibile di valutazione medico legale".
La Corte di merito ha sottolineato poi che "non si tratta quindi di un risarcimento parametrato alla effettiva perdita ed inoltre le conseguenze sono considerate per una sola componente, la lesione dell'integrità psicofisica, senza considerare le altre voci di danno esistenziale e alla vita di relazione".
La società ricorrente - precisano i giudici di legittimità - non ha formulato specifiche censure alle affermazioni della Corte d'Appello, né con riferimento alla diversa natura dell'indennizzo liquidato dall'Inail, rispetto al risarcimento chiesto dal lavoratore al suo datore di lavoro né con riferimento alla affermata diversità delle voci di danno coperte dall'indennizzo dell'Istituto assicuratore rispetto a quelle risarcite ed alla conseguente insussistenza di una duplicazione delle medesime voci di danno.
La censura formulata dalla ricorrente - si legge nella sentenza - appare del tutto generica. "La Corte d'Appello si è invece attenuta a principi che appaiono condivisibili là ove ha sottolineato le considerevoli e strutturali diversità tra l'indennizzo erogato dall'Inail all'assicurato ed il risarcimento di cui è causa che attiene al diverso rapporto tra il lavoratore ed il suo datore di lavoro. Il primo, determinato dalla legge in misura forfettaria e predeterminata dovuto prescindendo dall'individuazione del responsabile, assolve ad una funzione sociale ed è finalizzato a garantire mezzi adeguati alle esigenze di vita del lavoratore secondo quanto previsto dall'art. 38 Cost.".
Quanto al pericolo di duplicazione dei risarcimenti gli Ermellini precisano che la Corte d'Appello ha evidenziato che la liquidazione dell'INAIL è limitala alla lesione dell'integrità psicofisica senza considerare le altre voci di danno esistenziale, alla vita di relazione e al danno morale.
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