Il ricorrente sosteneva che lo scopo da lui perseguito non era quello di far incontrare la figlia coi nonni contro la sua volontà, ma solo quello di indurla a scusarsi col nonno, nei confronti dei quale aveva tenuto giorni prima un comportamento insolente.
La Corte d'Appello aveva negato che potesse applicarsi la scriminante dello ius corrigendi, osservando che "l'esercizio di esso, nei limiti in cui sia eventualmente configurabile, deve concretarsi in modalità lecite e rispettose della personalità del minore" e la Suprema Corte ha ritenuto corretta la motivazione dei giudici di merito osservando che, "quali che fossero le finalità educative da lui perseguite, il diritto genitoriale non poteva estendersi fino a farvi rientrare l'uso gratuito della violenza; la costrizione fisica usata nei confronti della minore, obbligata con la forza a seguire il padre presso l'abitazione dei nonni paterni, e a tal fine letteralmente trascinata per parecchi metri, è stata giudicata eccedente i limiti della causa di giustificazione di cui all'art. 51 cod. pen.".
Anche il richiamo fatto nel ricorso al permanere della potestà genitoriale in capo al padre non affidatario - precisano i giudici di legittimità - "è fuori centro rispetto all'apparato motivazionale della sentenza impugnata.".